Balkans on the road, 15 anni dopo (XIII): Sarajevo. E non aggiungo altro.
A Niksic, citta' non troppo piccola nel centro del Montenegro, segnalo un interessante rock festival chiamato Lake Fest (qui il link: http://www.lakefest.me/?lang=en). La notte passata nelle vicinanze della stazione dei treni con in sottofondo la musica di Manu Chao che si esibiva al festival, non lontanissimo da li'. Suonava anche un gruppo punk che si chiama proprio come l'italianissima band "Punkreas".
Purtroppo neanche stavolta mi riesce di prendere il treno: la ferrovia si ferma qui e non raggiunge la Bosnia. Mi tocca prendere un pullman (15 euro; soppresso il primo, in ritardo e pienissimo il secondo) che in cinque ore circa e attraverso una strada di montagna che costeggia il lago Piva raggiunge Sarajevo. Il lago, con i suoi 45 chilometri, e' il piu' lungo d'Europa, o almeno cosi' sostiene un tizio montenegrino che non ha chiuso bocca per le intere cinque ore di viaggio. La sosta in dogana non dura piu' di venti minuti, ed eccomi per la prima volta in Bosnia-Erzegovina. Paesaggio montuoso, rocce e gole profonde, ideale per canottaggio e trekking.
Il pullman e' pieno di giovani turisti, molti dei quali "zaino in spalla" da Montenegro, Germania, Francia, Regno Unito. Il tempo passa in fretta, unica nota negativa il fatto di esser arrivati a Sarajevo dopo il tramonto. L'autista ci lascia in una strada poco illuminata, nessuno sa dove siamo ne' dove possiamo/dobbiamo andare. Tantomeno io, ma come al solito prendo il marciapiede e comincio a camminare. La strada e' grande ed immagino il centro sia dalla parte opposta a dove siamo arrivati, chiedo anche conferma ad una ragazza di passaggio. Poco dopo pero' la strada finisce. Chiedo allora in un bar e qui la brutta notizia: siamo a Dobrinja, estrema periferia ovest di Sarajevo. Il centro e' a 15 chilometri, da fare in bus o in taxi. Il guaio e' che non ho moneta bosniaca e farsela a piedi a quest'ora della notte e' fuori discussione. Ma dico, quale pullman che fa un tragitto internazionale ti lascia praticamente fuori citta' di notte, quando banche, negozi e altro son chiusi?! Per fortuna, girato l'angolo, trovo l'aeroporto. Forse son salvo, vado verso l'ingresso nella speranza di cambiare soldi e magari passare la notte li'. Militari dell'esercito e donne col velo integrale. L'ufficio cambio valuta e' aperto, ma l'aeroporto chiude tra un paio d'ore. Vado a cercare un bus per il centro, c'e' poca gente in giro, poca luce e troppe strade. Non passano bus per trenta minuti. Sconsolato, vado a cercare un posticino tranquillo dove passare la notte in questa estrema periferia della capitale bosniaca, fatta di cantieri, palazzoni e ragazzini in bicicletta.
Al mattino con la luce del sole e' tutta un'altra storia: imbocco subito la grande strada a sei corsie (piu' due pedonali, due ciclabili e due per il tram) che di li' a 10 chilometri conduce al centro di Sarajevo. Palazzoni grigi fanno presto spazio a grattacieli moderni, uffici, negozi, parchi. Assomiglia alle periferie di Pechino, ma con ritmi meno frenetici. Mi godo tutto il panorama cittadino all'alba con poche anime in giro.
Entrare a Sarajevo e' per me una piccola grande emozione. Non so se ricordate, ma nei primi anni novanta parlare di Sarajevo era come parlare adesso di Aleppo o Baghdad. Una citta' sotto assedio, immagini di gente in fuga, palazzi dilaniati, case rase al suolo, uomini armati, bambini allo sbando, popolazione stremata... la follia dell'esercito serbo e lo strazio di gente comune. La Bosnia di venti anni fa era la Siria di oggi. Io non capivo, non realizzavo, ricordo che alla scuola media le insegnanti ci raccontavano di quello che stava accadendo al di la' dell'Adriatico, in televisione non si parlava d'altro, fino al genocidio di Srebrenica nel luglio 1995 e l'intervento durissimo delle truppe N.A.T.O. Fu per me l'inizio di una coscienza politica e sociale oltre confine. "Sarajevo", questo nome frullera' per la mia testa per molto tempo ancora, ma solo oggi, una ventina d'anni dopo, vengo in visita in questa citta'. E festeggio con questo video creato dalla collaborazione esplosiva e tutta bosniaca del regista Emir Kusturica con il musicista Goran Bregovic per quella che e' secondo me, la piu' bella scena iniziale di un film nella storia della cinematografia. Questa:
https://www.youtube.com/watch?v=e5YkZkn6CeA
Guerra finita tutto torna come prima
gli aiuti umanitari ridotti alla rovina
e per magia o forse solo per destino
il profugo ritorna ad essere clandestino.
Punkreas, "Terrorista N.A.T.O."
Odio le guerre. Tutte.
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