Monday, April 04, 2016

Appunti pechinesi: parte seconda.



Poi ci sono gli hutong. La mia prima volta nella primavera 2004. Scrissi un tema in cinese sugli hutong. Una vera schifezza. Ma la docente apprezzò. O almeno io interpretai così. Pechino senza hutong è come Roma senza i Fori imperiali. Uno scoiattolo sui tetti. I miei amici stranieri che vivono negli hutong. A proposito di radical chic. E di hipster. E di hipster cinesi. Hipster cinesi?!? Beh, sì, manco da un po’. Gli hipster occidentali portano occhiali e barba, ai cinesi la barba non cresce. Il restauro negli hutong è sì un po’ finto e commerciale, ma in quanto a gentrificazione è più gentrificata Ficana di Pechino centrale. Avere un cane non è più borghese. Mai viste tante telecamere neanche nei romanzi di Orwell. Vestiti e stile la differenza forse più grande, oramai sembrano tutti coreani, cappelli e capelli colorati, anche se restano scuri i colori che vanno per la maggiore. Sotto terra non una rete metropolitana ma un tentativo ben riuscito di farti sentire perennemente provinciale. Vi erano due linee la mia prima volta a Pechino, ve ne sono sedici oggi. In dodici anni quattordici nuove linee metropolitane. Roba da spaventare Londra, Mosca o New York. Sempre più stranieri masticano cinese, sempre più cinesi masticano inglese. Ah, gli stranieri! Ah, i locali per stranieri! Ora pieni di cinesi coi soldi. Con più soldi di me. Ok, non che ci voglia molto. Il locale chiuso. Il locale aperto. Il locale abbattuto. Il locale trasferito. Qui grandi ricordi. Qui grandi bevute (喝断片 quando volete!). Qui capitava anche di rimorchiare. Ragazze di paesi di cui a malapena sapevi pronunciare il nome. La globalizzazione del sesso. L’uso internazionale del profilattico. L’internazionalizzazione. L’internazionale. L’internazionale comunista. Il partito comunista. Il più grande partito comunista al mondo. Leggevo Tucci. Leggevo Granet. Leggevo Balazs. Leggevo Snow. Leggevo van Gulik. Leggevo Ba Jin. Leggevo e pensavo “Viva la rivoluzione!”. È passato un po’ di tempo. E va bene così.

In banca fai cinque minuti di fila e trentacinque minuti di pazienza per farti cambiare 150 euro, tra mille carte da firmare, fotocopie, domande, moduli da compilare e sguardi di diffidenza da parte dell’impiegata che chiama in causa la superiore perché mai si assumerebbe responsabilità del genere. Io vi amo. E amo tutte le altre classiche contraddizioni del Grande paese Cina che noi occidentali amiamo palesare continuamente. Il cielo grigio bianco quando va bene, colori fiacchi e stanchi, un autunno perenne, un realismo socialista fatto paesaggio. Il contadino sopra un ponte di una strada a sei corsie con al guinzaglio una vecchia e grossa tartaruga viva che vende a 800 yuan (110 euro circa). Supermercati, stazioni metropolitane, negozi, hotel, dormitori pieni di personale. Più personale che clienti. Ma quanto poco più costare il lavoro qui!? Lavorare meno, lavorare tutti/e.

Che ore sono? “È presto, abbiamo tempo per organizzare al meglio la festa e combinare un casino da farci arrestare. Come i vecchi tempi”. E morire come il poeta Li Bai che ubriaco affogò nel riflesso della luna sul lago. Romanticismo a tutto, grandi lacrimoni.

别玩儿手机!Dalla dittatura del proletariato alla dittatura del cellulare. Telefonino come protesi, telefonino come prolungamento artificiale del braccio. Parlare comunicare scrivere leggere ascoltare ridere sorridere comprare vendere osservare pensare socializzare divertire divertirsi: tutto a portata di schermo 8 x 3 cm. Pensa a tutto una app che in Cina è sintesi di telefonia mobile, Facebook, Whatsup, Twitter, Instagram, Skype e altro. Si chiama WeChat. Sarà un WeChat che vi seppellirà.



p.s. Questa, la precedente e la successiva sono letture per chi Pechino già la conosce. Per tutti gli altri sono gli scritti di un pazzo. Anzi, il "diario di un pazzo".

2 Comments:

At 2:00 PM, Blogger laura modini said...

Che bello finalmente leggere di cina.
Bello conoscere poi un pazzo come te.
ora, ti chiedo se mi sai dare delle dritte su
"il femminismo in Cina" esiste. c'è, come si presenta,
come è nelle varie parti del paese, quali sono le donne
che ne parlano, lo vivono ecccc. ecccc.
Che mi dici Xiao Hong, ho trovato che viene definita
la prima femminista cinese. Tu che ne dici?
Ho trovato che se non fosse morta così giovane
sarebbe stata oltre Ding Ling,
Boh! Tu che ne dici? Se vuoi dimmi tutto quello che ti
viene in mente e oltre. Un abbraccio laura
ps: ho in mente una cosa particolare, dopo averci pensato meglio ti farò sapere.

 
At 2:47 PM, Blogger Massaccesi Daniele said...

ciao laura. segnalavo proprio oggi questo:

"New Feminism in China"
http://www.springer.com/jp/book/9789811007750

costa uno sproposito ma a milano fra qualche tempo lo trovi nelle biblioteche universitarie.

più che ding ling o xiao hong in classe leggiamo i lavori di accademiche come li xiaojiang, dai jinhua, li yinhe. la scorsa settimana a pechino ho sentito parlare attiviste come xiao tie e wei tingting:

http://bookwormfestival.com/authors/

http://aliljoy.com/2016/03/what-these-4-chinese-women-have-taught-me-this-womens-history-month/

sai, a parte i diritti legati a genere e sessualità in cina c'è sempre (più che da noi, direi) la classe. le attiviste lo sanno e in quella direzine si muovono. e i network con i movimenti femministi del sud del mondo (bangladesh, filippine, ecc...).

quest'anno in università tengo un corso sulla letteratura femminile in cina, se non la conosci già ti piacerebbe leggere la "geren xiezuo", autrici come chen ran, lin bai, hong ying.

saluti maceratesi.

 

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