Diario di un prof: i fondi per l’università.
Sulla falsa riga di un blog ospitato nel sito di China Files (The Leftover of the day), riporto qui a libera frequenza le mie personali e quotidiane (dis)avventure nel dipartimento di studi orientali di un’università irlandese. Questi sono i racconti delle giornate di un docente italiano di cultura e società cinese alla University College Cork.
Il bello di fare il docente universitario a 29 anni sta tutto nel fatto che impari quotidianamente un sacco di cose. Ad esempio impari che le università al giorno d’oggi sono vere e proprie aziende. E ragionano come aziende anche e soprattutto in termini di entrate ed uscite. Gli studenti sono entrare economiche da reclutare. Quando si decide che tipo di materiali e saggi accademici comprare lo si fa in base alle richieste di mercato. “Reasonable” lo chiamano qui nel mondo anglo-sasso-gaelico, ovvero i motivi per fare un investimento, le sue ragioni pratiche, le evidenti richieste di mercato.
Inutile dire quanto mi disgusti tutto questo. Però non sapete quanto sia divertente e surreale ascoltare anziani luminari ed accademici docenti di filosofia o di storia delle religioni mesopotamiche discutere di questioni finanziare. Fanno quasi tenerezza. Si vede che non è mestiere per noi. Un’umiliazione, dovuta per salvare le casse della facoltà, e con esse la facoltà stessa.
Per fortuna noi abbiamo la mitica F. H., che oltre alle palle ha anche un sacco di contatti in Cina. E di soldi non dobbiamo preoccuparci.
C’era una volta il paese della cuccagna. Oggi si chiama “paese di mezzo”.
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