Wednesday, February 08, 2012

Sul perché odio vestirmi, sul perché odio mangiare.

Non odio l’azione in sé, anzi, mangiare è davvero una delle poche grazie di questo gran casino chiamato “vita”. Odio tutto ciò che ne consegue, al punto tale che, potendo, sceglierei di non vestirmi, di non mangiare.

“Scegliere”. Che bella parola. Tanto cara ai miei amici difensori del pensiero liberale americano, quelli che parlano sempre di “freedom” e “democracy”. E che se poi chiedi loro il significato di libertà o democrazia ti rispondo con occhi stralunati “choice!”, cioè “scelta”, ovvio, la libertà di scegliere! Poverini.

Odio vestirmi perché nello scegliere che vestito mettermi ho già buttato nel cesso i due terzi della mia libertà. Siamo sempre e fottutamente (scontato aggiungere “ovunque”) schiavi del giudizio altrui. A me del giudizio in sé non importa molto, non mi crea problemi. Ho sempre voluto fregarmene del giudizio altrui: che gli altri pensino e che io me ne sbatta. Il problema è ciò che dal giudizio consegue: essere inscatolati in categoria prefissate, essere schedati, inchiodati, bollati. In ogni caso, al di là della moda che scegli o non scegli di seguire. Che tu ti vesta spendendo 1000 euro al giorno nei negozi di Gucci o Prada, che ti vesta con ciò che vendono al mercato rionale o con le tamarrate che vendono i clandestini in strada, che tu ti vesta come i punk negli anni settanta o i freakkettoni degli anni sessanta, che tu ti vesta come capiti o come tua mamma ti dice di vestire, che tu ti vesta come un borghese dell’ottocento o come una puttana sadomaso… un vestito equivale ad un giudizio. O a molteplici. La cosa peggiore è che non vestirsi non costituisce una soluzione al problema: se vai in giro nudo ti schederanno come nudista, esibizionista, malato di mente, persona con dei seri problemi, svergognato, immorale, bestia, chiamate la neuro e chiudetelo in un manicomio.

E lo stesso accade col cibo. Quanto mangi, cosa, come, dove e perché. Questo crea giudizi. E i giudizi creano discriminazione. Determina (è questo forse di cui non ci rendiamo conto) il tuo futuro professionale, sentimentale, sessuale, politico, sociale. Gli altri hanno già deciso. Deciso sulla base di cosa indossi e cosa mangi. Per questo odio vestirmi, per questo odio mangiare.

Inutile dirlo, non andrai mai bene. In me tutto questo provoca disgusto e rabbia. Perché non sono e non voglio essere ciò che vesto, non sono e non voglio essere ciò che mangio. Meno ancora tollero che siano gli altri a dirmi cosa vestire o cosa mangiare. Ma così è, comunque e purtroppo.

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