Friday, February 03, 2012

Cinesi sveglia: la neo colonizzazione commerciale italiana a Tianjin

Tra i sempre puntualissimi articoli che leggo su ChinaFiles, uno mi ha un poco spaventato. Non tanto come italiano, ma dal punto di vista dei cinesi. Qui l'articolo, a firma di Cecilia Attanasio Ghezzi:

"Little Italy. 14 ettari di copie italiane in terra cinese"
http://china-files.com/it/link/14515/little-italy-14-ettari-di-copie-italiane-in-terra-cinese


E qui quello che penso:

Evito ogni commento sul gusto kitch e sull’uscita dell’ambasciatore italiano. Non entro neanche nell’aspetto marketing di tutto questo ambaradan, perché non mi compete. Anche se mi piacerebbe sapere, in questo paese delle false meraviglie e del lusso sfrenato, quanti soldi entrino poi di fatto (se ne entrano) nelle casse dello Stato italiano. Perché altrimenti uno, da italiano, si sente pure figo a leggere informazioni del genere, senza capire che invece alla fine della fiera i soldi se li godono i businessmen italiani in Cina, furbi nello svendere arte, cultura e moda italiana all’estero senza far rientrare una lira in Italia.

Ma per me il punto scandaloso è un altro. Non capisco come mai i cinesi autorizzino questa “seconda colonizzazione” italiana a Tianjin e vicino Tianjin. Vero che i fascisti italiani a Tianjin non si sono comportati come i fascisti giapponesi a Nanchino o nella unità 731 (una delle Auschwitz asiatiche), ma celebrare l’occupazione italiana di cent’anni fa proprio in quella terra mi sembra davvero assurdo. Quando nei negozi degli stranieri era proibito l’ingresso “ai cani e ai cinesi”. Dove è finito il proverbiale anti imperialismo di maoista memoria? Concedetemi l’esagerazione, ma sarebbe come aprire una “little Germany” in via Ardeatina o una “Japanese city” a Nanchino. Con il bene placido delle autorità locali. E le caratteristiche cinesi, si intende.

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