Può anche finire così: allegre chiacchiere tra due amici di vecchia data
A: Da quanto non ti fai una canna?
B: Non ricordo dev’essere stato molto tempo fa. Ricordo invece l’ultima volta con dello stupefacente. Un anno fa almeno. Eravamo in un bar, Modi era appena tornato da un viaggio nel sud, si presentò con una bustina e ci fece “Domani torno al mio paese. Ho l’aereo alle sette di mattina. Non riesco a finirla”. Uno sguardo fugace tra me e Florin. Per un amico lo fai, no!? Venti secondi dopo eravamo tutti e tre al bagno, una botta di narice e via. Chissà che merda fosse. Amara in gola, un classico. Al bancone ho chiesto a Florin “Come ti senti?”, “Per ora solo un groppo alla faringe” risponde lui, “Tieni, manda un giù un sorso”. Qualche birra dopo eravamo talmente su di giri che presi a schiaffi un mio amico. Mi doveva dei soldi. Davvero una merda di serata.
A: Sai, ho ripreso a disegnare. E a girovagare per i bassifondi a ritrarre quelli che il Cristianesimo chiama “gli ultimi”.
B: Io invece ho ripreso a lavorare in biblioteca. Almeno leggo. E gratis.
A: La morte di Oreste mi ha sconvolto non poco. Aveva sì e no 30 anni. Dicevano si fosse dato, via, lontano. Da giorni gli edifici del quartiere erano tappezzati con la sua foto. “Scomparso”, c’era scritto. Oggi invece la polizia ha trovato un cadavere. Il suo. Si è avvelenato in quel casolare fuori paese, quello dove vanno i tossici a bucarsi. Era un tipo in gamba. Aveva un cane e lo chiamava Saigon.
B: Non ci pensare. Ad Oreste!
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