Wednesday, December 28, 2011

Lu quartiè e li ricordi

Oggi invece sono andato a pranzare da mia nonna, nella casa dove sono nato e cresciuto. Pasta stracotta e priva di sale, ma certo non vado ad insegnare come si cucina ad una donna di 86 anni, la stessa donna che trent'anni fa mi cambiava il pannolone. Giornata di sole, neve sui monti in lontananza. Perché non andare a fare due passi per il quartiere dove ho vissuto per 10 anni, i primi 10 della mia vita? Sono andato. E sapevo che me ne sarei pentito. Assalito dai ricordi, piacevoli o meno, pur sempre ricordi. Che poi fa rima con malinconia e nostalgia.

Questo vecchio condominio di Macerata ovest dà ancora sull'Appennino, ma i giardini e i campi dove giocavo da bambino non ci sono più, hanno fatto spazio al cemento dei parcheggi e di nuove villette. L'Appennino è una gran figata, non sanno cosa si perdono le popolazioni della nazione padana. A vedere l'Appennino ti senti quasi fiero di essere terrone e contadino, come quasi tutta la gente del posto. Perché come si dice a Macerata "nonostante li quatrì tu si sempre un cuntadì!" (nonostante i soldi, resti sempre un contadino). Io poi di soldi non ne ho mai fatti e quindi non mi devo neanche preoccupare.

Nel cortile del palazzo vengo assalito dai ricordi dell'infanzia e le migliaia di giornate passate a giocare col mio amichetto S. e sua sorella M. Mia sorella si aggiunse qualche anno più tardi. I calci al pallone, i giri in bicicletta, le urla dei nostri genitori, le ginocchia sbucciate, le fantasie e le avventure da bambini. Di tutto questo restano solo nuovi garage e gli attrezzi dei muratori. Una volta scrissi sul muro del cortile "W INTER" e mia madre mi massacrò di botte. Non perché fosse juventina, ma perché avevo imbrattato selvaggiamente un muro di proprietà di tutti i condomini. Passai il resto della giornata a piangere per le botte prese. Il nonno di S. aveva un piccolo orto e alberi da frutto lì vicino, dove noi andavamo a rubare pomodori e prezzemolo. Il nonno di S. è morto qualche tempo fa e lì ora c'è un viottolo in mattoni che porta alle nuove villette. Chissà chi vive in quelle villette. Oltre a quelle case c'è ancora la scuola materna e al di là di quella la chiesa dove mi hanno battezzato, comunicato e riempito la testa con tutte quelle stronzate su Dio e la religione.

La fontanella dove bevevamo acqua dopo le nostre sfide a calcio ancora resiste. Un lungo tubo la collega allo spazio dove stanno lavorando i muratori. A fianco del condominio si stendeva un prato di sterpaglie ed alberi. I nostri genitori ci vietavano di andare là perché pieno di vipere e di uno stagno. Io e S. ovviamente e puntualmente trasgredivamo il divieto e andavamo nella sterpaglia, portando con noi le nostre sorelline e giocando a vedere chi fosse il più coraggioso. Ricordo di una enorme nevicata, sarà stato il gennaio del 1991 o giù di lì, e noi decine di bambini a giocare nella neve del pratone. Ora quel pratone non c'è praticamente più, vi hanno costruito un viottolo che porta all'asilo e ai campi da tennis. Beh, in realtà ora non ci sono più neanche i campi da tennis, restano solo le reti distrutte e una porta da calcetto. Il verde del campo da tennis è diventato un parcheggio per auto. Lì mi ci portava a giocare mio nonno. Ora ci sono delle signore che ci portano a cagare il cane e dei bambini che non parlano la mia lingua.

A vedere tutti quei cambiamenti capisci che di anni ne sono passati tanti. Passati per me, per mia nonna, per S. e per la gente che nel frattempo è passata a miglior vita. Per fortuna c'è ancora l'Appennino, ma non so ancora per quanto.
Vado a farmi un bicchiere, e scommetto che sarà amaro.

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