Diario di un prof.: attore VS docente. O del pubblico. O del delirio d’onnipotenza.
Qualche giorno fa ho assistito al monologo di un’attrice di teatro. Una simpatica riflessione sul rapporto di coppia dal punto di vista di una donna. Divertente. E poi a me il teatro piace, quasi sempre. Però ho notato una cosa: per quanto brava l’attrice sia stata non è mai, a mio avviso, riuscita a “bucare lo schermo” (lo spettacolo era dal vivo, ma faccio per dire), ad entrare in contatto col suo pubblico, a parlare direttamente a noi che eravamo davanti a lei. Il monologo era ben memorizzato e recitato, ma avvertivo che non stava parlando a me, a noi. Parlava al pubblico davanti, chiunque esso fosse. Quindi non a me. Ma ad uno spettatore generico. Forse non era abbastanza brava lei, forse non abbastanza attento io. Ma lei non parlava a me.
Ho notato quindi questa differenza tra un attore di teatro (o di cinema, ad esempio) ed un docente. Un attore parla ad un pubblico, un docente parla al pubblico. Ok, solo nel caso che si voglia pensare ai discenti come ad un pubblico, chiaramente. Non so se tutti i docenti facciano come me, ma io quando entro in classe, in aula o in sala parlo al pubblico davanti a me. Ai miei alunni, ai miei studenti, ai miei ragazzi, alle persone davanti a me. Non parlerei allo stesso modo se avessi un altro pubblico. Quando entro poso lo zaino, mi tolgo il giubbetto, comincio a gironzolare per la classe, incrocio gli sguardi dei ragazzi, mi faccio ispirare da loro, dalla loro attività in quel momento, per poi distogliere gli occhi, fissare il muro, l’orizzonte oltre la finestra, poi di nuovo i ragazzi, le mappe appese, la porta, lo schermo, poi finalmente inizio: “Come va?”. Le mie lezioni di solito iniziano così. Spesso qualcuno risponde, più o meno volentieri, più o meno svogliatamente. Lì ha davvero inizio la lezione. Quando parlo, parlo a loro. A Lucia, Federico, Xiao Li, Mohammed. Loro il mio pubblico in quel momento, non qualcun altro. Non importa quale sia l’argomento del giorno, il mio monologo cambia di volta in volta, di situazione in situazione, di ragazzo in ragazzo. Non sono un attore, non parlo ad un pubblico. Non ho un copione, improvviso. Un docente dovrebbe sempre entrare in aula con la lezione preparata. Ma non deve recitare qualcosa di memorizzato. Sono un docente, parlo al pubblico. A questi pazzi che per qualche motivo sono lì seduti ad ascoltarmi. Loro non un pubblico, ma il pubblico. Il mio. Lì e in quel momento.
Ho notato quindi questa differenza tra un attore di teatro (o di cinema, ad esempio) ed un docente. Un attore parla ad un pubblico, un docente parla al pubblico. Ok, solo nel caso che si voglia pensare ai discenti come ad un pubblico, chiaramente. Non so se tutti i docenti facciano come me, ma io quando entro in classe, in aula o in sala parlo al pubblico davanti a me. Ai miei alunni, ai miei studenti, ai miei ragazzi, alle persone davanti a me. Non parlerei allo stesso modo se avessi un altro pubblico. Quando entro poso lo zaino, mi tolgo il giubbetto, comincio a gironzolare per la classe, incrocio gli sguardi dei ragazzi, mi faccio ispirare da loro, dalla loro attività in quel momento, per poi distogliere gli occhi, fissare il muro, l’orizzonte oltre la finestra, poi di nuovo i ragazzi, le mappe appese, la porta, lo schermo, poi finalmente inizio: “Come va?”. Le mie lezioni di solito iniziano così. Spesso qualcuno risponde, più o meno volentieri, più o meno svogliatamente. Lì ha davvero inizio la lezione. Quando parlo, parlo a loro. A Lucia, Federico, Xiao Li, Mohammed. Loro il mio pubblico in quel momento, non qualcun altro. Non importa quale sia l’argomento del giorno, il mio monologo cambia di volta in volta, di situazione in situazione, di ragazzo in ragazzo. Non sono un attore, non parlo ad un pubblico. Non ho un copione, improvviso. Un docente dovrebbe sempre entrare in aula con la lezione preparata. Ma non deve recitare qualcosa di memorizzato. Sono un docente, parlo al pubblico. A questi pazzi che per qualche motivo sono lì seduti ad ascoltarmi. Loro non un pubblico, ma il pubblico. Il mio. Lì e in quel momento.
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