Wednesday, January 18, 2017

Poi tornò il terremoto: cronaca di una signora nevicata.


Con lauto ritardo mi era anche riuscito di tornare in Italia giusto giusto in tempo per riprendere in mano vita e professione. Natale e capodanno alle spalle, la fine del quadrimestre scolastico alle porte. Giusto un paio di settimane per racimolare qualche voto e camminare coi ragazzi verso la meritata settimana culturale. Che poi mi sa questa “settimana culturale” l’hanno inventata quando tra i banchi sedevo io. Ma forse mi sbaglio.

Però il meteo dava brutte notizie, gelide nevicate a rotta di collo, un “2012 bis”! Per capirci: amo la neve, la neve mi fa impazzire di gioia. Però la chiusura delle scuole, anche tenendo presente le lunghe pause causate dal più recente terremoto, avrebbero causato non pochi problemi a docenti, dirigenti e burocrati. Quindi lunedì, verso l’ora di pranzo, cominciò a nevicare anche a Macerata. Io ero in centro storico, in una delle tante biblioteche. Esco giusto in tempo per realizzare che se voglio tornare a casa devo sbrigarmi a saltare in sella al motorino. Rischio di sbandare alla prima curva, procedo a passo d’uomo sotto la gelida nevicata “2012 bis” che appunto stavamo aspettando. Lascio lo scooter a un centinaio di metri da casa, accanto ad un lampione. Per quel che ne so, è ancora lì.

La neve ha sempre quel fascino unico che nell’immaginario collettivo ricorda forse 1) la candida purezza di una lettera ancora non scritta; 2) le lingue d’oc e d’oil; 3) il fantasma formaggino; 4) lo sperma della prima sega.
Martedì le scuole sono chiuse ma a me non interessa perché ho comunque il giorno libero. Mi sveglio sbalestrato verso l’ora di pranzo, il naso fuori dalla finestra: ancora nevica, tanto vale tornare a dormire. Poco più tardi, deciso che troppo cinismo nuoce a una salute già di per sé geneticamente provata, esco ad inzupparmi le Converse in questo manto nevoso e ad ascoltare il silenzio della bianca neve posata su case, alberi, stradine. Muta. Immobile. Il cielo ha uno strano colore, il silenzio rimbomba. Faccio fatica a camminare ma quel fastidioso gelo che entra nelle scarpe mi fa sentire indubbiamente vivo, presente. Incontro nella stradina del borgo un signore che becco spesso, alto e magro, di origine straniera. Non so neanche come si chiami, eppure lo incontro davvero spesso. “Buon Natale!”, mi dice mentre prosegue il cammino con un bob in spalla. Un po’ in là con gli anni per andare con il bob, penso. Penso anche che “bob” è una parola che non uso dal 1993. Poi però capisco. Il tipo sta usando il bob per segnare una specie di viottolo pressando la neve nella stradina principale del borgo. Non ha ancora smesso del tutto di nevicare. In gamba, il tipo.     

Il giorno dopo mi sveglio ancora più tardi. Un po’ per nichilismo, un po’ perché hanno chiuso scuole e università fino al prossimo lunedì e io potrei recuperare tutto il sonno perso durante le vacanze. Però mi rattrista la chiusura delle scuole. Odio le vacanze forzate. Quindi realizzo di non aver più niente da mangiare o da bere in casa ed esco fiducioso in direzione supermercato. Nel viottolo ormai ghiacciato incontro diversi vicini di casa e dei bambini che giocano. Prendo anche io una pala ed inizio a spalare. Perché nel frattempo il terremoto è tornato a farci visita. E se dovesse arrivare una botta grande non sapremmo neanche verso dove far scappare i bambini. L’importanza della pala. E del vicinato.

Tra una spalata e l’altra fai anche due chiacchiere con la signora della piazzetta e coi ragazzi poco più giù. Chi versa del sale, chi va a fare la spesa, chi passa a vedere come stai, chi ti invita a pranzo. Scopri anche quest’unità di quartiere che di solito manca o si fa attendere.
Ultimamente da queste parti non si capisce bene di quale morte si debba morire, se di paura, di freddo, intrappolati sotto la neve o schiacciati dal terremoto. Però almeno ho scoperto come si chiama il signore che batteva la strada col bob.


p.s. Eccezion fatta per anziani, bambini, malati, disabili e lavoratori a lavoro: smettetela di lamentarvi sui social, prendete una pala e uscite a pulire le strade. Lo Stato sei tu.

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