Saturday, October 04, 2014

C'era una volta Lothar Matthaus, poi venne la Rata...

Sarà stato in prima elementare o al massimo in seconda: per le scale della scuola due compagni di classe mi strattonavano in modo poco amichevole. Dovevo scegliere: rossoneri o nerazzurri. Non ne capivo molto e ai tempi per me la Rata non esisteva. Preferivo il blu al rosso e quindi decisi: Inter. Io tifavo l'Internazionale di Milano. Calma giovanotto! Parlo della fine degli anni ottanta, in campo al Meazza c'erano Matthaus, Brehme e Klinsmann. Due biondi e un castano, tedesco il passaporto, il calcio era spettacolo. Li accompagnavano Berti, Serena, lo "zio" Bergomi e "l'uomo-ragno" Zenga. Allenava Trapattoni e i soldi li metteva Pellegrini, credimi non puoi capire, del calcio di adesso resta solo il fischietto.
Lothar scendeva in campo con la casacca blu a strisce nere, sulla schiena indossava il 10 e a Maradona operava al menisco. La Juve credo giocasse in serie B, il Napoli venne fuori l'anno dopo. Fu amore incondizionato, a mio padre rompevo i coglioni ogni giorno all'uscita della scuola per le figurine, avevo la sciarpa in camera e i poster erano tutti per Lothar. Coi milanisti i toni erano accesi, "VIVA" e "ABBASSO" si sprecavano sulle mura del quartiere. Una volta per aver scritto "W INTER" sulla facciata di un palazzo di botte ne presi tante, non da un milanista ma da mia madre. Poi vennero le scuole medie e scoprii che anche la mia città la domenica scendeva in campo: da allora fu biancorossa la mia bandiera, Helvia Recina il mio stadio. Si sa, non puoi adorare Dio e Mammona: manda a fanculo la serie A, tifa la squadra della tua città!
Però, a ripensarci, furono anni di grande passione: Lothar il capitano, nerazzurra ogni emozione.

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