La Cina, lo studio della lingua cinese e i post scritti sette anni fa...
Oggi una ragazza mi ha segnalato questo post che scrissi quasi sette anni fa e della cui esistenza non mi ricordavo assolutamente. Il blog aveva appena un anno di vita, io avevo da poco terminato un lungo viaggio tra Siberia, Turkestan cinese e Tibet, mi trovavo a Pechino come studente all'Università di lingue straniere e nel campus ogni sera era festa e bisboccia, lo studio occupava una parte non predominante della nostra vita, assorbita piuttosto dalla travolgente curiosità per questa gente e questo mondo per tanti versi a noi così diverso.
Il post è stato pubblicato il 24 settembre 2007, si intitolava "Vi spiego (molto umilmente) il cinese", contiene delle inesattezze e delle violenze semantiche, oggi ovviamente lo scriverei diversamente o non lo scriverei affatto, ma sono un inguaribile nostalgico e lo ripropongo così come era.
Dedicato a chi conosce il cinese e chi non lo conosce per niente, a chi sta per conoscerlo e a chi non la conoscerà mai:
"Se qualcuno ancora avesse dubbi a quale facoltà iscriversi o avesse scelto di darsi allo studio del cinese, farebbe meglio prima a dare un’occhiata a questo post.
Non vi sto a dire che il cinese è una lingua morfemica o che fa parte della famiglia delle lingue sino-tibetane, queste sono che si possono leggere ovunque e sono riportate meglio di come possa farlo io. Io vi scrivo invece di come uno studente italiano si trova e ritrova a studiare la lingua cinese, sia in Italia che in Cina.
Il cinese a mio avviso non è un idioma né tecnico né logico (o almeno che non risponde alla “nostra” di logica). Non ha alfabeto ma delle schifezze chiamate caratteri. Nel cinese classico ogni carattere era una parola, cioè aveva un significato (o una funzione precisa nella frase). Oggi anche, ma per lo più una parola è formata da 2 o 3 caratteri. I caratteri sono troppi, chi dice 6.000 chi dice 12.000, il problema non è tanto quanti sono ma quali vengono usati e a che pro. Se volete parlare un cinese elementare bastano 2-3 mila caratteri, per leggere un giornale o seguire un corso universitario in cinese ne servono di più. Un carattere è formato da dei radicali, ovvero delle parti fisse di caratteri, che ritornano sempre uguali e hanno spesso significato proprio (ne esistono circa 190). I radicali sono formati a loro volta da dei tratti, ovvero dei segni di pennello, anch’essi fissi e sempre uguali. Più segni fanno un radicale, più radicali un carattere, più caratteri una parola, più parole una frase e così via. Seguitemi, siamo quasi arrivati. Dunque imparando i tratti, i radicali e 3-4 mila caratteri (oltre ad una conoscenza della sintassi e ad una pronuncia necessariamente perfetta per una questione di toni che non sto qui a tirare fuori sennò vi suicidate subito) si può parlare cinese. Purtroppo non è così facile. E qui sta il punto: le parole cinesi sono troppe, direi quasi infinite, perché ad ogni carattere si associano più significati, ad ogni significato più caratteri, immaginate cosa esce fuori se mi metto ad associare insieme 2 o 3 caratteri per tirare fuori significati!! Quello che voglio dire è che quando un cinese mi chiede cosa mi resta più difficile nello studio della lingua cinese non ho mai dubbi, rispondo sempre “avete troppe troppe parole”. Ancora dopo 6 anni che ho a che fare col cinese e dopo 2 anni di studio e lavoro in Cina scopro nuove parole usate quotidianamente per dire frasi banalissime come “chiedo permesso” o parole come “tempo”. Da suicidio veramente. La fonetica è anche tosta, ma la si perfeziona col tempo. La sintassi è semplice (rispetto a quella latina, italiana o sanscrita) e comunque nel parlato è un po’ un’anarchia totale, ognuno mette soggetto e verbo come più gli piace. E c’è una frase che ahimè troppo volte mi sono sentito dire dai prof e continuo a sentire: “Daniele, bello e interessante quello che hai scritto, ma, come dire, noi cinesi non siamo soliti dire così, qui usiamo piuttosto quest’ altra espressione, qui usiamo piuttosto questa parola”. Maledetti. Sintassi apposto, concetto perfetto ma le parole e il modo di metterle insieme è inusuale, perché loro sono soliti esprimersi con altre parole. La lingua cinese non è libera. Cioè non puoi usare parole nuove appena studiate per indicare altri concetti. Ogni parola è legata a dei concetti fissi, storici, tradizionali. I cinesi non si esprimono a parole ma a proverbi, a frasi fatte. Si esprimono a chengyu, ovvero a una sorta di frasi fatte di 4 caratteri dove dentro è racchiuso tutto il significato di una frase che tradotta in italiano servono 100 parole per spiegarla. Pazzesco. Esprimono concetti altissimi in 4 parole. Se vuoi esprimere lo stesso concetto con altre parole semplicemente non puoi farlo. Perché è già stato espresso e scritto da poeti e mandarini già 2000 anni fa. Attaccati al cazzo viso pallido europeo.
Non vi sto a dire che il cinese è una lingua morfemica o che fa parte della famiglia delle lingue sino-tibetane, queste sono che si possono leggere ovunque e sono riportate meglio di come possa farlo io. Io vi scrivo invece di come uno studente italiano si trova e ritrova a studiare la lingua cinese, sia in Italia che in Cina.
Il cinese a mio avviso non è un idioma né tecnico né logico (o almeno che non risponde alla “nostra” di logica). Non ha alfabeto ma delle schifezze chiamate caratteri. Nel cinese classico ogni carattere era una parola, cioè aveva un significato (o una funzione precisa nella frase). Oggi anche, ma per lo più una parola è formata da 2 o 3 caratteri. I caratteri sono troppi, chi dice 6.000 chi dice 12.000, il problema non è tanto quanti sono ma quali vengono usati e a che pro. Se volete parlare un cinese elementare bastano 2-3 mila caratteri, per leggere un giornale o seguire un corso universitario in cinese ne servono di più. Un carattere è formato da dei radicali, ovvero delle parti fisse di caratteri, che ritornano sempre uguali e hanno spesso significato proprio (ne esistono circa 190). I radicali sono formati a loro volta da dei tratti, ovvero dei segni di pennello, anch’essi fissi e sempre uguali. Più segni fanno un radicale, più radicali un carattere, più caratteri una parola, più parole una frase e così via. Seguitemi, siamo quasi arrivati. Dunque imparando i tratti, i radicali e 3-4 mila caratteri (oltre ad una conoscenza della sintassi e ad una pronuncia necessariamente perfetta per una questione di toni che non sto qui a tirare fuori sennò vi suicidate subito) si può parlare cinese. Purtroppo non è così facile. E qui sta il punto: le parole cinesi sono troppe, direi quasi infinite, perché ad ogni carattere si associano più significati, ad ogni significato più caratteri, immaginate cosa esce fuori se mi metto ad associare insieme 2 o 3 caratteri per tirare fuori significati!! Quello che voglio dire è che quando un cinese mi chiede cosa mi resta più difficile nello studio della lingua cinese non ho mai dubbi, rispondo sempre “avete troppe troppe parole”. Ancora dopo 6 anni che ho a che fare col cinese e dopo 2 anni di studio e lavoro in Cina scopro nuove parole usate quotidianamente per dire frasi banalissime come “chiedo permesso” o parole come “tempo”. Da suicidio veramente. La fonetica è anche tosta, ma la si perfeziona col tempo. La sintassi è semplice (rispetto a quella latina, italiana o sanscrita) e comunque nel parlato è un po’ un’anarchia totale, ognuno mette soggetto e verbo come più gli piace. E c’è una frase che ahimè troppo volte mi sono sentito dire dai prof e continuo a sentire: “Daniele, bello e interessante quello che hai scritto, ma, come dire, noi cinesi non siamo soliti dire così, qui usiamo piuttosto quest’ altra espressione, qui usiamo piuttosto questa parola”. Maledetti. Sintassi apposto, concetto perfetto ma le parole e il modo di metterle insieme è inusuale, perché loro sono soliti esprimersi con altre parole. La lingua cinese non è libera. Cioè non puoi usare parole nuove appena studiate per indicare altri concetti. Ogni parola è legata a dei concetti fissi, storici, tradizionali. I cinesi non si esprimono a parole ma a proverbi, a frasi fatte. Si esprimono a chengyu, ovvero a una sorta di frasi fatte di 4 caratteri dove dentro è racchiuso tutto il significato di una frase che tradotta in italiano servono 100 parole per spiegarla. Pazzesco. Esprimono concetti altissimi in 4 parole. Se vuoi esprimere lo stesso concetto con altre parole semplicemente non puoi farlo. Perché è già stato espresso e scritto da poeti e mandarini già 2000 anni fa. Attaccati al cazzo viso pallido europeo.
p.s. Se qualcosa non fosse chiaro (non e' chiaro neanche a me) sono a vostra disposizione per ogni problema."
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