Diario di un prof: voci di verità (?)
Capita spesso, per caso o meno, di ascoltare i
discorsi che gli studenti fanno tra loro. Capita nei corridoi, davanti alla
macchinetta del caffè, al bagno, nelle aule, alle conferenze, nei giardini o
nei parcheggi antistanti l’università. E lo stesso accade al liceo.
È un orecchiare fortuito, innocente, ma non
disinteressato. Almeno per me. Credo che per un insegnante ascoltare le discussioni
dei ragazzi sia molto utile. Ok, a volte più essere spiacevole, perché svela
amare verità o cose delle quali si sarebbe volentieri fatto a meno sentire.
Però, proprio perché fortuito, azzera il gap generazionale, evita le relazioni
di potere, evade la formalità e l’imbarazzo che una normale discussione tra
docente e studente normalmente ha.
E quindi capita di sentire quelle banalità e
volgarità che a vent’anni tutti più o meno avevamo per la testa. Ma anche molti
discorsi intelligenti, critiche fondate, punti di vista che un accademico
(giovane o meno che sia) ha oramai perso per strada.
Non so per quanto ancora indosserò i panni del
prof, ma so che al momento sono molto felice della professione che provo a
svolgere. Così come sono cosciente del fatto che tutto questo lo devo
soprattutto a chi, in un modo o nell’altro, è stato (mio) maestro. A loro
dedico questo post.
E soprattutto lo dedico al mio professore di
sociologia, che da vero pechinese fumava anche sotto la doccia.
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