Tuesday, March 29, 2011

Quando ero gatto

"Quando arrivai a casa, mio padre stava sul divano a guardare la televisione. Io tenevo Scodato fra le braccia, m'ero macchiato tutta la canottiera. Mio padre mi ascoltò attentamente, senza mai staccare gli occhi dallo schermo (c'era un telequiz, che lui seguiva sempre, verso ora di pranzo). Adesso che ci penso non ricordo mia madre, in quella situazione. Forse era in giro. Forse se n'era già andata, ma non credo: ricordo la casa ancora in ordine.
Finii di raccontare tutta la storia di Scodato. Mio padre rimase in silenzio e continuò a guardare la televisione. Allora gli chiesi:
Cosa devo fare, papà?
E lui disse: Eh?
Per il gatto!
Buttala via, quella merda lì.
Ma è Scodato...
Aspetta un attimo, che c'è la domanda finale.
Non mi sentivo del tutto a posto, con quel gatto in braccio.
Che cosa avrei dovuto fare?
Guarirlo, aggiustarlo? Senza alcun motivo, quasi sarei scoppiato in lacrime. Non ero più così certo che avesse una presa per l'antenna installata nella coda mozza. Avrei dovuto controllare, forse? E nessuno ancora m'aveva dato da bere un sorso d'acqua!
Che devo fare, papà?
Allora mio padre smise di pensare e prese una decisione. Si alzò dal divano, mi guardò, allungò una mano verso il cartone di vino che teneva accanto a sé e bevve lunghe sorsate. Aveva i capelli spettinati. Anche quando ero andato a dormire, la sera prima, era spettinato e sdraiato sul divano. Quando ero uscito per andare nella Piazza del Tetano, quella stessa mattina, l'avevo visto ancora sdraiato sul divano, ma in un'altra posizione.
Antonio, mi disse, posa in terra quel gatto.
Si chiama Scodato, papà.
Vuoi ubbidire o no?
C'era odore di vino vecchio, nella stanza. Usciva dalla sua bocca. Bevve ancora. Se fosse stato oggi avrei bevuto anch’io, con lui, ma allora m’era proibito. Avevo anche assaggiato il vino, di nascosto, ma non m’era piaciuto. Troppo acido.
Posalo a terra, ho detto!
Posai Scodato a terra.
Guardalo bene.
Vuoi vedere se ha la presa per l’antenna?
Guarda quel gatto, Antonio. Sanguina dalla bocca e dal culo.
Aveva ragione. Osservai Scodato senza parlare.
Mio padre sbuffò, si alzò e si sgranchì le membra. Aveva una gran pancia. Mi avvicinai per abbracciarlo ma lui mi scostò. Raccolse scodato dal pavimento tenendolo per una zampa. Il gatto non si lamentò, dondolava al ritmo dei passi di mio padre, con la schiena storta. Si lasciò portare fuori di buon grado.
Seguii mio padre con lo sguardo. Egli arrivò sulla soglia, aprì la porta, si voltò verso di me e disse:
Sai, prima di fare certe cose, è meglio controllare.
Guardò fuori, a destra e a sinistra, poi lanciò via Scodato con forza. Lo scagliò lontano, da qualche parte. Il suo braccio di adulto era infinitamente più vigoroso del mio."


Dal romanzo mai pubblicato "Quando ero demone. Paure. Fughe. Gatti. Orina.", di Simone Marini
http://simonemarini.com

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