Problemi di lingua e teoria del linguaggio: lo straniero in Cina
Ricollegandomi al post di cui sotto, penso che sia davvero triste ed incredibile quello che è successo a J. Cazzo, era mio amico, abbiamo passato del bel tempo assieme e ora mi dicono che è impazzito ed è stato rimandato a casa. Impazzito per la tesi di dottorato. Tutto questo mi rende triste. E ovviamente mi manda in paranoia. Nello specifico impazzito per una delusione in ambito accademico, un problema di lingua. La lingua. È la prima e più importante “cosa” che affronti da straniero quando metti piede in Cina. Non importa che tu sia studente, turista o uomo d’affari, la lingua è il più grande problema che hai e che avrai. E non è molto diverso per un cinese all’estero. Anche una lingua banale come l’inglese è sempre un problema di comunicazione per un cinese all’estero.
Pensate alle conferenze internazionali, quando si incontrano studenti e ricercatori da ogni parte del mondo. Solitamente si discute in inglese. Conosci quel o questo professore tal dei tali per la sua fama come esperto in un benedetto campo, hai letto suoi libri e articoli e ne apprezzi la professionalità e competenza accademica. Ma appena apre bocca e senti il suo inglese povero e sgangherato resti te a bocca aperta. E ti chiedi come possa un elemento del genere comunicare con altri studiosi stranieri. Cosa capisca o cosa riesca a far capire.
In Cina noi “sinologi” italiani siamo poi quelli messi peggio: la gente si aspetta da te un cinese fluido e in grado di sopravvivere in ogni tema e situazione. Ma da “sinologi” non siamo né interpeti né traduttori. Dunque problemi di comunicazione con i cinesi ne abbiamo sempre, anche solo a livello linguistico. Se poi ti imbatti con uno studioso straniero e usi l’inglese per parlare di Cina è ancora peggio: in Europa gli italiani credo siano i peggiori nel parlare l’inglese. O forse ci fregano gli spagnoli e la maglia nera spetta a loro.
Tornando a livello accademico, uno studente straniero che arriva in Cina per un corso di laurea o master o dottorato che sia, è solitamente chiamato ad imparare il cinese in uno o due anni. Non solo il parlato ma anche e soprattutto lo scritto. Cosa ridicola, impossibile. Io dovrò scrivere la mia tesi di dottorato in cinese. Vi sembra possibile? Ovviamente non lo è, quindi o la scrivo in italiano/inglese e poi me la faccio tradurre o la scrivo direttamente in cinese così come uno studente italiano delle scuole medie può scrivere un saggio accademico in lingua italiana. Insomma, frustrante in entrambi i casi. Brutta storia questa delle lingue. Quello che puoi fare è semplicemente sperare che il tuo professore sia dotato di buon senso e non abbia grandi aspettative dal tuo cinese né che ti metta i bastoni tra le ruote del tuo percorso di ricerca solo perché il tuo cinese non è all’altezza. Ma a volte va male, male come è andata a J. e male come va ad altri ricercatori stranieri in Cina di mia conoscenza.
Mi chiedo come possano studiosi di paesi diversi potersi incontrare e comunicare su temi che vanno dalle scienze umanistiche al diritto internazionale parlando degli inglesi molto meno che mediocri. Evidentemente esiste un linguaggio specifico di ogni disciplina che ti aiuta a superare il problema strettamente linguistico. Funziona ad esempio tra matematici e fisici, dove il linguaggio di cui parlo sarà quello dei numeri e delle formule.
Ricordo (e chiudo) che da piccolo mio padre (da chimico) mi aiutava con i compiti di matematica e mi faceva notare come le formule siano un linguaggio internazionale: “Guarda questa formula. È uguale in tutte le parti del mondo. Un americano, un russo e un cinese sanno quello che significa anche senza parlare una lingua comune”. E io pensavo “cazzo, che figata!”. Sfortunatamente poi non sono diventano un matematico ma… cosa dovrei dire… un mediocre “sinologo” che si occupa di società cinese contemporanea?! Ha ragione chi dice che bisognerebbe vivere due volte: la prima per capire come vivere, la seconda per vivere.
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