Wednesday, July 28, 2021

G.A.S.: camminata spinta per il Grande Anello dei Sibillini.

"Il Grande Anello dei Sibillini è un percorso escursionistico di circa 124 Km che abbraccia l’intera catena montuosa. Articolato in nove tappe, è completamente segnalato e permette di conoscere, oltre alla molteplicita di paesaggi e bellezze naturali, parte dell’inestimabile patrimonio storico culturale che questo territorio conserva. Per una migliore fruizione del Grande Anello, il Parco ha provveduto alla ristrutturazione di rifugi escursionistici." 

Si legge così in questo sito: www.sibillini.net/chiedi_sibilla/sentieri/gas/

I Monti Sibillini sono un massiccio montuoso che unisce e lega la parte centro-meridionale di Marche e Umbria. Il Parco nazionale dei Monti Sibillini si estende per oltre 70.000 ettari ed è stato instituito nel 1993. Da qualche anno esiste anche un insieme di sentieri che circumnaviga i Monti Sibillini, un trekking di circa 120 km chiamato "Grande Anello dei Sibillini". L'ho percorso, in solitaria, la scorsa settimana e condivido qui alcune informazioni ed esperienze potenzialmente utili a futuri camminatori e camminatrici. 

Qualche premessa... Il percorso è abbastanza ben segnalato, con i classici colori bianco e rosso del Club Alpino Italiano (C.A.I.), più la "G" che sta per G.A.S. Sono partito con le indicazioni di un amico che aveva percorso l'anello qualche settimana prima e la cartina "Monti Sibillini. Carta dei sentieri" (1:25.000) del C.A.I. di Ascoli Piceno, anno 2011 (quindi prima dei terremoti del 2016 e 2017). Non ho portato con me un G.P.S., ho però portato il telefono cellulare, usato un paio di volte per sbirciare il meteo. La tenda pesa, quindi ho portato solo un sacco a pelo, affidandomi alla buona sorte. In effetti sono stato fortunato, perché è piovuto solo in due o tre occasioni e per breve tempo; è stato inoltre spesso nuvoloso, così da non morire di fatica sotto il sole estivo. Ho sempre dormito all'aperto, mi sono fermato in un solo rifugio per fare provviste e in una sede Pro Loco per pranzare. Nel resto del tempo ho camminato. Sono partito per camminare e ammirare i Sibillini, non avevo alcuna intenzione di fermarmi a fare il turista, visitare le macerie dei borghi, socializzare nei rifugi. Mi sono alzato ogni mattina alle prime luci dell'alba, per poi mettermi subito in marcia. Mi sono fermato per dormire poco prima del tramonto, attorno alle ore 20. Non credo esista un ritmo di marcia o delle tappe prestabilite da seguire. Semplicemente vado e, quando sono stanco, mi fermo. Se ci sono nei paraggi bar, alimentari o rifugi bene. Altrimenti mi tengo la fame, la sete, il malessere. E domani si vedrà. 

Una camminata lunga e continua insomma. Poco equipaggiamento, molta essenzialità e tanta voglia di andare. Riassumo umilmente il percorso da me svolto, senza voler lontanamente spingere chicchessia a seguire le indicazioni qui sotto riportate.

Mercoledì mattina, ore 6.30, abbandono l'auto a Visso (MC) e prendo il sentiero a destra della nota pasticceria locale. A breve si giunge alle antiche torri cittadine e da lì inizia un percorso nel bosco fino al Santuario di Macereto. Si continua poi a salire in direzione Cupi, questa volta esposti al sole, nel tipico paesaggio di alte colline verde pisello dei Sibillini. Attraversato uno dei valichi, si scende verso il lago di Fiastra e la boscaglia. Si trova acqua qua e là nelle fontane dove si abbeverano greggi e mandrie. Occhio però ai cani pastore, specie quando il pastore non c'è. Da Fiastra (MC) si scende verso San Lorenzo, attraversando il ponte sul lago, poi su a destra e subito a sinistra, per un sentiero inizialmente sottobosco, poi esposto che conduce fino alla fonte (credo) di Rio Bagno. Intorno il deserto dei monti e il vento forte. Nessuna indicazione, facile perdersi. Se non avete fatto provviste a Fiastra (come me, alimentari e bar chiusi) è troppo tardi per pentirsene. Da qui bisogna esser fortunati a trovare nel prato il sentiero giusto che vi porta alla strada statale di Pintura del Bagnolo, dove c'è l'incrocio delle strade che portano ad Acquacanina, Sarnano o Bolognola. In giro non un cane, né macchine passare. Un po' di vento, poi un po' di pioggia. Ho dormito sul prato tra il bosco e la statale, quota 1.300 metri s.l.m. circa.

Giovedì mattina, ore 5.30, nel bosco il sentiero sale in direzione Pizzo di Meta e Sassotetto, poi esposizione fino a Pintura di Bolognola (MC). Mucche come non ci fosse un domani, mi chiedo sempre chi le badi o se rientrino da sole nei recinti al tramonto quando suona la campanella. A Pintura d'inverno c'è parecchia neve, impianti sciistici, ristoranti, bar e folla di persone. Alle 7 di mattina infrasettimanale di fine luglio non c'è nessuno ed è tutto chiuso. Per fortuna l'acqua. Se cerchi acqua basta che segui le mucche. Da Pintura si scende di circa 600 metri in un lungo, sassoso, coperto e scomodo percorso di un paio d'ore fino a Garulla. Qui si è già nel comune di Amandola, quindi nella provincia di Fermo. A Garulla ci dovrebbe essere un rifugio, ma non mi sono fermato a cercare e ho proseguito prepotentemente verso l'abbadia di San Salvatore, dove mi sono rinfrescato nel torrente, preso acqua e schiacchiato un pisolino di un paio d'ore. Poi su e giù per il sentiero, fuori e dentro dal bosco, fino a Capovalle. Qui occhio a non sbagliare direzione (il G.A.S. non è ben segnalato), non bisogna salire a monte ma scendere a valle, direzione Piedivalle e da qui attraversare il torrente Ambro. Di nuovo salita nel bosco e discesa fino al fiume Tenna. Superato il Tenna su un ponte del tutto discutibile e una densità di vegetazione pari forse all'Amazzonia, via con altra impettata finale (bella mazzata, qui ho pensato di mollare) tra sassi, pietre, asfalto e campi mietuti fino a Rubbiano. Anche qui dovrebbe esserci un rifugio, ma io ho preferito buttare il sacco a pelo nel paesaggio di fronte a Montefortino (FM), col Monte Sibilla alle spalle. Situazione gambe, piedi, fianchi e schiena soddisfacente, ma giornata di cammino decisamente impegnativa. Stanchezza che si fa sentire come non mai, debolezza e spossatezza galoppanti. Quota 800 metri s.l.m. circa.        

Venerdì mattina, ore 5.40, rapida visita al cimitero (e alla sua fontanella, in particolare) di Isola San Biagio, nel comune di Montemonaco (AP). I danni dei terremoti a edifici, case e fabbricati non mi hanno mai lasciato un attimo. Si scende fino ad attraversare il fiume Aso e da qui salitona bestiale (in buona parte sottobosco) fino al paesino di Altino. Ristoro di acqua, purtroppo il rifugio era chiuso. Proseguo poi attraverso una serena stradina nel bosco fino a Colle di Montegallo (AP). Poco prima di arrivare in paese, si incrociano i resti dell'antichissima chiesa di Santa Maria in Pantano (prima chiesa nel Piceno, dicono) e della sorgente con l'acqua più buona del globo terrestre. Vicino a Colle, c'è un rifugio che avevo già visitato, dove mi fermo a comprare panini e bere caffè zuccherato. Qui incontro anche un signore che credo di conoscere, a spasso con la sua famiglia. Una delle poche persone incontrare in questo trekking. Per il resto, orde di ciclisti nei sentieri e orde di motociclisti per le statali. Breve riposino e riprendo il cammino in salita, alternando strade bianche di sassi a boschi e strade asfaltate, costeggiando le pendici del Monte Vettore (che coi suoi quasi 2.500 metri è la massima vetta marchigiana), fino alla nota Forca di Presta, valico di 1.500 metri s.l.m. che divide le province di Ascoli e Perugia, le Marche dall'Umbria. Vento cane e via vai di ciclisti, autisti e appassionati di deltaplano. Qui c'è il rifugio degli Alpini, chiuso dal terremoto. Fame e stanchezza si fanno sentire ma... finché la gamba va, lasciala andare! Proseguo tra greggi di pecore e viste a picco su Arquata del Tronto (AP) e Accumoli (RI) fino al belvedere e poi oltre, un ultimo sforzo di sali e scendi tra prati e boschi di queste verdi colline sibilline che ormai mi sembrano teste spelacchiate di antichi giganti. Arrivo anche stavolta esausto in località Colle le Cese, territorio laziale. Ci sono impianti sciistici, balle di fieno, il soccorso alpino e un grande albergo ristorante reso inagibile dal terremoto. Non c'è anima viva in giro, ma riesco a trovare acqua per dissetarmi. Getto il sacco a pelo di fianco a delle panchine di legno e spengo la luce. Quota 1.550 metri s.l.m. circa.

Sabato mattina, ore 6, bella nottata di riposo e ristoro. Freschetto ma non troppo. Muovo i miei passi lungo il sentiero, noto nel bosco un signore dedito alla ricerca di fughi (o tartufi?), poi poco dopo lo spettacolo della nebbia mattutina sulle piane di Castelluccio di Norcia (PG), con le colline emergere come panettoni. Supero il valico di Castelluccio e noto a sinistra il Rifugio Perugia, anche lui ben bastonato dal terremoto. Cavalli liberi, mucche a zonzo, ci sono diverse fonti e abbeveratoi ma ahimè sono tutti vuoti, non c'è acqua. Credo sia colpa dell'estate. Ancora su e giù per le alte colline, incrocio un gregge di pecore con quattro o cinque minacciosi cani bianchi, stavolta però il pastore è lì a evitare che mi sbranino. Supero un valico, sperando sia la Forca di Giuda, ma non trovo più segnalazioni del G.A.S.... avrò sbagliato strada? Ma quale strada poi, se si vede sì e no un sentiero nel prato verde sbiadito... per fortuna noto sulla cresta di una collina delle persone in bici. Corro per raggiungerle e chiedere indicazioni. Hanno il G.P.S. e quando tiro fuori la mia cartina cartacea si mettono a ridere. Chiedo per il sentiero che porta a Campi di Norcia (PG), ma loro vengono da Castelsantangelo sul Nera (MC) e non sanno indicarmi la strada. Per fortuna un loro amico, l'ultimo ad arrivare in bici, è pratico della zona e mi dice come riprendere il G.A.S. Praticamente sono giunto in vetta e devo scendere a valle. Scopro che due dei ragazzi lì presenti sono di Macerata, uno addirittura abita nello stesso mio quartiere, anche se credo di non averlo mai visto. "Ci vediamo al bar!", mi dice. Imprinting marchigiano. Seguo le dritte e mi fiondo a capofitto in discesa per diverse centinaia di metri, stancando maggiormente le gambe e finendo di distuggere i menischi. Un'ora dopo giungo alle rovine di Castelfranco, poi ancora giù fino a Campi, dove mi abbevero nelle numerose fontane e ristoro nella locale e accogliente Pro Loco. Ci dovremmo essere quasi, Visso (e la fine del mio cammino) è a una 15ina di chilometri di strada, 10 coi sentieri di montagna. Il caldo è asfissiante, mi fermo a dormire sotto a un albero, poi salgo fino a Campi alto (o Campi vecchio), delizioso paesino dilaniato dal terremoto e lasciato così come dal sisma di cinque anni fa. C'è però un problema non indifferente: il terremoto e il crollo delle case hanno fatto deviare il sentiero, che non è più praticabile. Perdo circa un'ora per capire dove riprendere il cammino (in realtà non volevo semplicemente convincermi del fatto che sarei dovuto ridiscendere a valle per un po'), poi è tutta salita esposta per metà su strada imbrecciata e di rocce e terriccio nel bosco delle montagne che si aprono a Visso. Giungo in cima ancora una volta molto provato, ma per fortuna oramai è tutta discesa, giusto l'incontro con una piccola vipera e poi la lunga valle fino a Visso.

Sono le ore 20.30 di sabato e sono arrivato al punto di partenza. Stanco e carico allo stesso tempo, sereno e rilassato come poche volte ti capita di sentirti durante il resto dell'anno. Ho perso qualche chilo, così corro a riprenderlo subito in un ristorante di Ussita (MC) e al rifugio Casali, da poco riaperto. 

Buona strada. E per strada non intendo la carriera.

1 Comments:

At 3:09 PM, Anonymous Anonymous said...

Love you! Viola 😎

 

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