Thursday, May 14, 2020

Donne rom e carcere.

"La scomparsa dei mestieri tradizionali a partire dagli anni ’60 dello scorso secolo, con l’alternativa di inclusione nella società dominante al prezzo della rinuncia di se stessi, ha portato nelle comunità rom uno choc psicologico e culturale. La frustrazione e la consapevolezza di non possedere strumenti per un’elevazione economica, ha generato all’interno della comunità rom depressione e alcolismo, da cui si sono intensificati gli episodi delinquenziali. In particolare è il ruolo passivo dell’uomo, che delega alla donna la responsabilità del sostentamento, può spiegare la presenza cospicua di detenute romnià nell’istituto. Esse mantengono economicamente i nuclei famigliari, di norma molto numerosi. Il mediatore rom e arabo dell’istituto, pur occupandosi all’interno di rom bosniaci, conosce a fondo la realtà abruzzese, e così descrive le donne: <<è fondamentale nella cultura rom, sembra che gravi veramente tutto sulla donna, tutto il peso domestico della famiglia, ma non solo domestico, anche appunto il resto, per provvedere al sostentamento della famiglia, attraverso il manghel, che sarebbe la questua, che ora si pratica sempre meno, l'accattonaggio, ma che può manifestarsi come atto fisico, quindi di allungare la mano, o anche come ricerca presso la Caritas, di sostentamento, quindi la donna si adopera in prima persona per provvedere alla famiglia (...) purtroppo la mancata qualificazione di queste persone, l'assenza veramente di opportunità di inserimento lavorativo, anche l'analfabetismo che è consolidato, anche se forse i bambini ora studiano, i figli, però a volte più spesso sono analfabeti, penso che tutto questo in qualche modo costringa queste persone a delinquere, però ecco, non ci sono più i circuiti legali di un tempo, che vedevano i rom in stretto rapporto con la società contadina, no! purtroppo ora i rom sono in contatto con fasce di gagè che delinquono, la cosa si è estesa ed è degenerata, quindi penso che siano dettati proprio dal bisogno, dalla necessità in parte e non tanto dalla consapevolezza di voler delinquere, quanto purtroppo dal fatto che i più giovani sono abbagliati! Sono abbagliati dal possesso, e in questo senso consapevoli di delinquere ma per raggiungere obiettivi e standard di vita che a loro arrivano filtrati dai mezzi>> (mediatore rom e arabo)."

Tratto dalla tesi di laurea in antropologia intitolata "Il carcere femminile" e discussa presso l'Università di Bologna dalla candidata Marta Iannetti.

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