Diario di un prof: quote rosa e sinologia.
Durante una conferenza di sinologia a Parigi lo scorso settembre, uno
degli organizzatori si è congratulato con i presenti perché era felice di
vedere la grande partecipazione di pubblico accademico femminile. Secondo lui,
la sinologia è tradizionalmente in mano agli uomini.
Bah…
Quando ero studente di cinese a Roma nella mia facoltà c’erano quasi
solo donne. Diciamo 70% di donne, 29% di gay e 1% di “sesso dubbio, genere
indefinito”. Io rientravo in quell’1%. In classe eravamo massimo tre
maschietti. Quando andai in Cina per la prima volta nel 2004 io ero l’unico
maschio in un gruppo di diciannove studenti.
Ora che faccio il docente, la situazione non è molto cambiata: la
preside di facoltà è donna, la segretaria pure, quasi tutte le docenti e le
lettrici sono donne, ho solo due colleghi maschi di cui uno non è un accademico
e l’altro insegna in università ma ufficialmente lavora per un’altra
istituzione. Quando a me scadrà il contratto, ufficialmente non ci sarà
personale accademico maschio nella facoltà di Studi orientali.
Non dico che sia male, anzi. Viva le donne, viva le donne al potere!
Però poi quando fai domanda per un posto da docente o per presentare un saggio
a una conferenza e nel modulo da compilare vedi “l’università accoglie particolarmente
domande da parte di donne e appartenenti alle minoranze etniche” un po’ mi
girano le scatole. Vi siete guardati attorno, capite che i maschi sono la netta
minoranza, la razza in via di estinzione?! Cosa cavolo vuoi fare il solidale
col gentil sesso se a essere stimolati per la domanda di lavoro dovremmo essere
noi uomini?
Bah…
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