Thursday, September 13, 2012

La ricerca, le biblioteche e la digitalizzazione del sapere: evviva Feyerabend!

All’ultima conferenza accademica cui ho partecipato, un bibliotecario tedesco discuteva con i presenti il passaggio da “browse” (cercare alla cazzo, sfogliare, curiosare, scorrere, navigare) a “search” (cercare nel particolare, essere chirughi delle fonti utilizzate) nell’opera di ricerca universitaria tra le fonti on-line e, in particolare, nel loro database in Germania. Qualcuno tra il pubblico ha affermato di non condividere questo passaggio alla ricerca particolareggiata, perché non permette di imbattersi casualmente in fonti o informazioni che ufficialmente non stavamo cercando ma che praticamente ci tornano molto utili. Un po’ come “Contro il metodo” di Feyerabend.

Una docente francese invece ha posto ai colleghi LA questione che affligge tutti gli educatori universitari, una sorta di tabù ormai nel mondo accademico: visto che la rete (come anche le librerie e le biblioteche) sono oramai piene di immondizia e materiale poco serio, come insegnare agli studenti COME fare ricerca, ovvero come selezionare le fonti? Un metodo serrato o il principio d’autorità rischia di limitare la pluralità di pensiero, sostenava la professoressa.

Passiamo ora ad un altro temazzo della ricerca nei tempi di facebook: la digitilizzazione del sapere. Ovvero il rendere un’opera (un libro, un articolo, un antico manoscritto, un’immagine, un quadro, ecc...) disponibile on-line. Come? Facendolo diventare un file .doc, .jpg e così via. Istituti statali (le biblioteche, per esempio) e compagnie commerciali (Google, tanto per fare un nome) da anni hanno iniziato questa colossale (utopica forse, di sicuro folle) opera di rendere digitale tutto lo scibile umano. Venne così un bibliotecario di Oxford a mostrarci come per il momento (aspettando che la tecnologia compia il prossimo passo) non tutti i libri e i manoscritti sono di fatto digitalizzabili, per mere questioni tecniche. Si finisce quindi per operare una selezionare involontaria e pratica del sapere, lasciando nel dimenticatoio libri antichi che non verranno mai più presi in considerazione. Senza poi considerare l’enorme uso di denaro pubblico o privato per la digitalizzazione. E il fatto che alcune opere sono già state trasformate in file una quarantina di volte mentre altre aspettano il loro turno (Google, da impresa commerciale, digitalizza solo ciò che crea profitto, non tutto cioè che è stato pubblicato in forma cartacea). Insomma i problemi ci sono e non sono pochi.



“The media has become the key site for defining codes of sexual conduct. It casts judgement and establishes the rules of play.”
In “Post-Feminism and Popular Culture”, by Angela McRobbie. 

1 Comments:

At 4:12 PM, Blogger Massaccesi Daniele said...

"Web Archives and Chinese Literature.
The following is a guest post by Professor Michel Hockx, School of Oriental and African Studies, University of London, who explains the difference between doing research on internet literature from doing research on printed literature, and how web archives help."

http://britishlibrary.typepad.co.uk/webarchive/2012/09/web-archives-and-chinese-literature.html

 

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