Diario di un prof: esteticamente no.
Forse la cosa più bella di lavorare all'università in una facoltà di scienze umane e sociali è che l'estetica non prevede formalità.
Mi spiego: a lezione o in ufficio mi presento come in azienda ti avrebbero licenziato seduta stante. Dove mi trovo a lavorare ora invece no. E forse non è un caso.
Una rapida lista di precedenti:
- Roma, Università la Sapienza, facoltà di Lettere: punkabbestia in aula con cane al seguito;
- Roma, Università la Sapienza, facoltà di Studi Orientali: studentessa all'esame orale scalza;
- Pechino, Università del Popolo, facoltà di Filosofia: dottorando ritira il diploma in ciabatte;
- Cork, Università di Cork, consiglio docenti: un giovane prof. si presenta a pantaloncini corti.
Insomma, sono in buona compagnia.
Sarò un coglione, ma mi sento figo senza la cravatta. Posso ancora permettermi di camminare a testa alta, senza una cravatta. La giacca la conservo nell'armadio per quando si sposerà mia nipote. La camicia a volte la indosso. La camicia non stirata è un chiaro messaggio politico. E' pura ricerca di una lettera di licenziamento. Specie se abbinata a pantaloni di quattro taglie superiori. E a scarpe visibilmente macchiate di fango.
In altre facoltà l'estetica conta. A giurisprudenza, economia o ingegneria per esempio. Quando abbiamo riunioni con docenti o ricercatori di queste facoltà ringrazio il mio prof. del liceo per avermi consigliato di studiare il cinese. Col pettine non vado molto d'accordo, le Converse sarebbero poco appropriate anche se le pulissi ogni giorno con acqua e sapone, la barba me la faccio solo quando la Rata perde un derby in casa, l'odore della felpa tradisce il fatto che non sempre spendo la notte sotto un tetto.
Incredibilmente la preside non mi ha ancora cazziato. Lei, donna impeccabile, non sembra troppo disturbata dal mio disordine estetico. Forse lo rispetta. Forse pensa che in Italia si vada in giro così. O forse è una gran donna e basta, Eccezion fatta solo per la propria mamma, una donna che non rompe le palle è una gran donna. Specie se è il capo della facoltà dove lavori.
Oltre all'estetica, il non dover timbrare un cartellino dà molte soddisfazioni. Certo, anche noi docenti abbiamo degli orari, ma nessuno sta impaziente ad aspettare la fine del turno del lavoro.
"Che ore sono?" potrebbe chiedersi qualcuno. "E' ora di ubriacarsi!" suggeriva Baudelaire.
Il pub più vicino è vicino.
Soddisfazioni all'alba dei trent'anni: maiale come un sudato.
Mi spiego: a lezione o in ufficio mi presento come in azienda ti avrebbero licenziato seduta stante. Dove mi trovo a lavorare ora invece no. E forse non è un caso.
Una rapida lista di precedenti:
- Roma, Università la Sapienza, facoltà di Lettere: punkabbestia in aula con cane al seguito;
- Roma, Università la Sapienza, facoltà di Studi Orientali: studentessa all'esame orale scalza;
- Pechino, Università del Popolo, facoltà di Filosofia: dottorando ritira il diploma in ciabatte;
- Cork, Università di Cork, consiglio docenti: un giovane prof. si presenta a pantaloncini corti.
Insomma, sono in buona compagnia.
Sarò un coglione, ma mi sento figo senza la cravatta. Posso ancora permettermi di camminare a testa alta, senza una cravatta. La giacca la conservo nell'armadio per quando si sposerà mia nipote. La camicia a volte la indosso. La camicia non stirata è un chiaro messaggio politico. E' pura ricerca di una lettera di licenziamento. Specie se abbinata a pantaloni di quattro taglie superiori. E a scarpe visibilmente macchiate di fango.
In altre facoltà l'estetica conta. A giurisprudenza, economia o ingegneria per esempio. Quando abbiamo riunioni con docenti o ricercatori di queste facoltà ringrazio il mio prof. del liceo per avermi consigliato di studiare il cinese. Col pettine non vado molto d'accordo, le Converse sarebbero poco appropriate anche se le pulissi ogni giorno con acqua e sapone, la barba me la faccio solo quando la Rata perde un derby in casa, l'odore della felpa tradisce il fatto che non sempre spendo la notte sotto un tetto.
Incredibilmente la preside non mi ha ancora cazziato. Lei, donna impeccabile, non sembra troppo disturbata dal mio disordine estetico. Forse lo rispetta. Forse pensa che in Italia si vada in giro così. O forse è una gran donna e basta, Eccezion fatta solo per la propria mamma, una donna che non rompe le palle è una gran donna. Specie se è il capo della facoltà dove lavori.
Oltre all'estetica, il non dover timbrare un cartellino dà molte soddisfazioni. Certo, anche noi docenti abbiamo degli orari, ma nessuno sta impaziente ad aspettare la fine del turno del lavoro.
"Che ore sono?" potrebbe chiedersi qualcuno. "E' ora di ubriacarsi!" suggeriva Baudelaire.
Il pub più vicino è vicino.
Soddisfazioni all'alba dei trent'anni: maiale come un sudato.
1 Comments:
Vabbè e non parliamo come se fossero solo gli uomini a volersi permettere di andare al lavoro stramiciati, però:)
Anche alcune donne apprezzano l'informalità nel vestiario: cioè, quando faccio i test di valutazione, posso andarci tranquilla con la maglietta di Snoopy. Se mi fanno domande, dico che è per mettere a loro agio gli studenti, e la risposta funziona. Anche perché gli studenti davvero si rilassano e danno il meglio. Ah, e nessuno mi ha mai detto levati quel piercing dalla faccia!
Qualunque capo che non rompa i maroni è un gran capo...
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