Tuesday, January 10, 2012

Emigranti esistenziali

"Perché decise di partire?

«Andando via, volevo un distacco netto dal mio passato emotivo e sentimentale. Così ho finito per vivere molto all'estero, ma con in mente sempre un qualcosa che chiamavo casa. Qualche anno fa sono tornato a Enniscorthy, mi sono preso una casa da cui si gode la stessa vista che vedevo cinquant'anni fa. Eppure so che non è più la stessa. Quello che chiamavo casa non significa più niente. Ecco, nei racconti di questo libro c'è il senso di un qualcosa che una volta c'era e che ormai non c'è più. È la realtà delle emozioni che conta, è quella che cambia. Non c'è disperazione in quello che scrivo, c'è una sorta di malinconia, in termini musicali si chiama tonalità minore. Parlo di una delusione, non di una tragedia».

Un tempo, per molto tempo, l'Irlanda è stato un Paese di emigranti.

«È la nostra storia, ma prima si andava via per necessità, per fuggire dalla miseria, in cerca di una vita più tollerabile. I personaggi dei miei racconti non partono più spinti dalla povertà».

Si potrebbe dire che sono emigranti esistenziali.

«Sì, non possono restare dove sono nati. Poi, quando sono lontani, non riescono a cancellare i ricordi di casa, e quando tornano non ritrovano più niente di quello che nel passato aveva contato per loro. I luoghi appaiono diversi, gli amori di un tempo non sono più raggiungibili»."


Colm Tóibín, scrittore irlandese, intervistato da Ranieri Polese per Il Corriere della Sera.

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