Epilogo: dove e come sono finito...
Capita anche ai migliori. Ebbene sì, ci sono cascato anche io: lavoro. Apologia del reato: non sono stato io a cercare lavoro (me ne guardo bene, poi finisce che lo trovi davvero!) ma il lavoro a cercare me. Tornato in Italia solo da qualche giorno, un carissimo amico mi chiama per propormi di lavorare per la loro organizzazione, una NGO che opera nel maceratese e non solo. Lì per lì rifiuto, ma poi c'ho ripensato e sono andato al colloquio: assunto.
Capita anche ai migliori. Almeno non sono chiuso in un ufficio per otto ore al giorno. E non devo indossare una cravatta. A volte neanche le mutande. E il capo è una donna. Anzi, non ci sono capi, c'è solo una ragazza che fa questo mestiere da molto più di tempo di noi e coordina un minimo le attività.
Avete presente l'emergenza profughi tanto sbandierata dai media a conseguenza delle rivolte in nord Africa? Ecco, lavoro come operatore sociale per alcune centinaia di migranti che da Lampedusa sono stati portati nelle Marche. Non migranti qualsiasi, ma quelli che hanno fatto domanda di asilo politico. In gran parte vengono da Somalia, Chad, Mali, Nigeria, Ghana, Guinea. E in attesa di sapere se avranno o meno diritto d'asilo, io e gli altri della NGO ci occupiamo di questi ragazzi, trovando per loro un posto dove stare, facendo spesa per loro, aiutandoli con i controlli in questura e all'ospedale e via dicendo.
Capita anche ai migliori. L'operatore sociale l'ho fatto tantissime volte e "a gratisse". Stavolta mi pagano pure! Nonostante gli orari un po' troppo zelanti (12-14 ore al giorni per sei volte a settimana!) il lavoro mi piace assai. Dal punto di vista umano è estremamente gratificante, perché il lavoro che facciamo è utile ai ragazzi africani, che senza di noi e la NGO sarebbero già in un CIE, espulsi o clandestini sfruttati dalla criminalità italiana. Inoltre passando praticamente tutta la giornata con loro ascolto le loro storie, il viaggio che hanno intrapreso, le guerre in corso nei loro paesi, le avventure e le disavventure, storie di vita umana reale e non virtuale. I ragazzi parlano inglese, francese o arabo, dunque con molti di loro non ho modo di comunicare (se non a gesti). Col cinese ci faccio davvero poco. La mattina e nel primo pomeriggio ho anche tempo per me, per leggere un buon libro o scambiare due chiacchiere con gli altri operatori sociali, tutti ragazzi e ragazze delle mie parti, tutti e tutte della mia età. La sera, prima di cena, partitona a calcio di fronte ad uno degli hotel dove alloggiano al momento. Chi scalzo, chi in ciabatte, chi con le scarpe da tennis, chi con i calzini e basta. Ognuno con le sue regole e fondamentalmente tutti contro tutti. Ma non per questo meno divertente.
E poi, a parte tutto, è piacevole usare la scusa del lavoro per non uscire la sera.
Capita anche ai migliori. E io non sono un migliore. Quindi va benissimo così.
Avrei molte altre cose da discutere, ma non stavolta, non in questo post. Spero che questa esperienza lavorativa continui ad essere così piena di emozioni e contatto umano, e spero soprattutto di continuare a condividerla con voi. A presto!
p.s. Questo post è dedicato a Valentina, collega ed amica. E ai ragazzi e alle ragazze dell'hotel a Loro Piceno.
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