Saturday, April 25, 2009

Finestra sul mondo: paura e delirio alla festa uzbeka.


Probabilmente non sapete neanche cosa sia l’Uzbekistan. Non ve ne faccio una colpa, non lo sapevo neanche io prima di venire a studiare in Cina. Diciamo semplicemente che l’Uzbekistan è uno stato asiatico nato dallo smembramento dell’ex Unione Sovietica. Popolazione a maggioranza musulmana, ha un grande lago e nessuno sbocco sul mare, famosa la storica città di Samarcanda. C’era anche la canzone che faceva “corri cavallo corri ti prego, fino a Samarcanda io ti guiderò…”.
Insomma festa uzbeka. È la festa del fratello di un’amica di un mio carissimo amico. Appartamento al centesimo piano di un palazzo in zona Guomao, centro finanziario e commerciale di Pechino.
Presenti una ventina di persone, uzbeki, russi, kazaki, cinesi, vietnamiti, tagiki, moldavi e un paio di bambini. Sono l’unico stronzo ad ovest di Varsavia.
Sono tranquillo: sono musulmani, non bevono alcool. Squisita cena a base di “prof” (spero si scriva così, in cinese è “shuozhua fan”) ovvero riso con carne. Gli uzbeki ne rivendicano “l’invenzione”, perché sembra qualche poeta uzbeko ne scrisse nel XVII secolo. Un po’ come quando italiani e cinesi si giocano la paternità degli spaghetti andando a ripescare Marco Polo e Boccaccio. Patetico. Io intanto mangio. Riso a parte, abbiamo tutta quella serie di frutta secca tipica dei paesi centro asiatici, ottimo pesce (“spizonika” o qualcosa del genere) da mangiare con cipolla, patate lesse e pane, inoltre abbiamo pomodori, cetrioli, insalata e frutta. E, stranamente, fiumi di vodka. Il marito della sorella del festeggiato mi versa da bere. “Scusa, non sono un bravo musulmano”, mi fa. “Tranquillo fratello, neanche io”, gli dico io. Partite le prime quattro bottiglie di vodka, si fa un giochino stupido stupido divertente divertente che i bambini sembrano apprezzare molto. E un paio di barzellette uzbeke che qualcuno di buon cuore mi traduce:

- Un tizio se ne sta tranquillo al lago a pescare col suo cane. Improvvisamente un pesce esce dall’acqua e a mezz’aria fa al tipo: “Ehi capo, hai una sigaretta?” e il tale “Ehm… no…”, così il pesce se ne ritorna in acqua. Il tizio sbigottito guarda il cane, che si alza e gli fa “Cazzo! Sono shockato anche io!”.

- Un ippopotamo e una giraffa parlano del più e del meno. La giraffa fa all’ippopotamo: “Che schifo deve essere essere un ippopotamo. Non avete un collo, quando mangiate non vi godete il cibo che finisce subito nello stomaco”. E l’ippopotamo: “Parlami di quando vai a vomitare”.

- In russo “leggero” e “polmone” si dicono allo stesso modo. Nelle sigarette leggere compare questa parola, nel senso di “leggero”. E la battuta è: perché nelle sigarette c’è scritto “polmone” ma nella vodka non c’è scritto “fegato”?!

Divertenti o meno, la festa prosegue tra i bambini che piangono e la vodka che scorre via a fiumi. Sarei anche per andarmene quando un uzbeko mi prende e mi fa “vieni con me”. Le donne vengono lasciate a casa. Gli uomini, sottoscritto compreso, escono. A piedi barcollando e cantando verso un ristorante lì vicino, dal nome “Stone Age”, “Età della pietra”. Siamo in otto, tutti uzbeki a parte un tagiko. Ordinano centocinquanta bottiglie di vodka, kimchi coreano (verza piccante), maodou giapponese (piselli), ottanta spiedini di carne, una birra (per un tizio che non beve vodka). E partono brindisi, discorsi, approcci alla bariste infastidite, cori, canzoni, domande sull’Italia e sui film mafia-style che han visto. Un uzbeko mi fa: “Nel nostro paese è tradizione per gli uomini uscire a bere, tornare a casa sbronzi fradici, prendere tuo moglie o la tua ragazza, dirle che la ami e scoparla tutta la notte”. Il tagiko corregge: “Stronzate. Nel mio paese si esce per bere, ci si riduce a una merda, poi si va a puttane, te ne fai una, due, dipende dai soldi, poi torni a casa e dici a tua moglie o alla tua fidanzata che è lei è la cosa più importante che hai in questa merda di mondo. Poi vai a dormire e se il giorno dopo hai voglia te la scopi”. Ora sì, sono più sollevato, penso.
Non faccio in tempo ad andare al bagno che ovviamente scoppia la rissa. “Non è una festa russa se non scoppia una rissa” mi fa uno dei sovietici. Bene. Finita la rissa e cazzotti sul naso tornano tutti amici, come niente fosse. Altra vodka. Uno dei tanti paga il conto e usciamo. Impieghiamo il triplo del tempo rispetto all’andata per tornare a casa, aggrappati l’uno all’altro e cantando “I got drunk last night, I got drunk the night before, but I’m gonna get drunk tonight, like I’ve never got drunk before” (“Mi sono sbronzato ieri sera, mi sono sbronzato la sera prima, e mi ubriacherò stasera come non ho mai fatto prima”) e il classico “Yankee go home! Yankee go home!”, che secondo me è un po’ il ritornello dei giovani di tutti il mondo, così come i nostri bisnonni cantavano l’inno dell’Internazionale. Indipendentemente di che nazionalità sei, l’esercito americano ce l’abbiamo in casa tutti. Fatta eccezione per i nord coreani. A casa le varie mogli, fidanzate e donne varie ci passano la romanzina, perché facciamo pena al cane e perché siamo stati fuori più di quanto previsto. Probabilmente sono l’unico non sposato/fidanzato e tutti si rinchiudono nelle varie stanze da letto, resto solo in sala con due albicocche e una uzbeka. Non ricordo la conversazione, solo lei che rideva e io che non riuscivo a mettere in fila due parole. Dovrei avere il suo numero da qualche parte. Riesco in un modo o nell’altro a raggiungere un taxi e infilarmi, un paio d’ore dopo, nel letto. L’ho cantato anche al tassista: “I got drunk last night, I got drunk the night before, but I’m gonna get drunk tonight, like I’ve never got drunk before”.

Alla prossima puntata culturale gente!

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