Monday, August 04, 2008

Storie di concerti, castelli, orti e anarchici

A Granada, nelle notti di bar e viuzze, capita di chiacchierare con gli immigrati cinesi che gestiscono piccoli supermercati o sentire da ragazzi colombiani parlare di un festival musicale in un paesino vicino per la sera dopo. I colombiani dicevano di andarci in bicicletta, ma io, Roberto e Vittorio preferiamo i mezzi pubblici. Per 1euro e 25 a testa i 30 km se li fa il pullman, non la bicicletta che non abbiamo. E nel pullman semivuoto conosciamo due italiane, a Granada per un tirocinio teatrale con ragazzi da tutta Europa. Arrivati al piccolo paesino di nome Illora e sormontato da un castello del secolo IX, le due italiane ci portano nella sede di un gruppo di allegri e vivaci ragazzi del luogo, una organizzazione di gay cattolici a giudicare dai poster che hanno nella sede. Il paesino e' vivissimo e pieno di gente e bar. Assistiamo alla performance di un chitarrista argentino di tango. Poi verso le 11 e' la volta del festival vero e proprio, gratuito: suonano una band blues di Granada (dio benedica il blues, se dio esiste sopra a lui c'e' di sicuro il blues, e piu' in alto ancora il rock!) e un gruppo folk cubano. Balli e canti fino alle quattro di mattina, pasteggiando con whisky e birra, approfondendo le conoscenze delle italiane e dei ragazzi del luogo, nonche' dei colombiani arrivati effettivamente in tre biciclette, tutti sudati e pazzi come sempre ("no somos de Colombia, somos de Loco-mbia"). A festival finito i colombiani sono ancora a cantare e danzare canzoni popolari, le italiane vanno a dormire nella sede degli spagnoli, a noi tre invece salta in mente di andare al castello, chiuso al pubblico da anni perche' pericolante. Sacchi a pelo in spalla entriamo da un buco nel portone principale e saliamo fino al punto piu' alto, notte di stelle e poesia, luci in lontanza e battito d'ali di pipistrello e rompere il silenzio: peccato le italiane non siano venute con noi. La mattina seguente, dopo svariate ore di sonno e qualche ora di lettura e' il momento del lavoro: tutti all'orto "occupato". Per farla breve, date le solite storie di speculazioni edilizie e occupazioni, costruzioni di nuove e veloci autostrade e sgomberi, lotte e resistenze cittadine, etc... un gruppo di attivisti (locali e non) un paio di mesi fa ha occupato una terra abbandonata di proprieta' di una signora che vive in Germania da anni e trasformato il tutto in un bellissimo orto con tanto di capanna, fonte, ruscello, due cuccioli di cane, cancello, fiori, piante e ortaggi vari (pomodori, cipolle, zucchine, peperoni, basilico, meloni, cocomeri e via dicendo). L'orto e' (auto)gestito da una decina di attivisti, tra cui un gitano che vive nella capanna e Roberto. Roberto mi parla dell'orto e decido subito di donare il mio tempo e le mie braccia all'agricoltura (e finalmente direi!). Andiamo io, Roberto e Anabela (bellissima coinquilina catalana, animalista e aspirante veterinaria). Lungo il cammino a piedi mi parlano di orticoltura e mangiamo more. L'orto si trova di fianco ad una superstrada che conduce in citta', dove sembra vogliano costruire una seconda corsia e abbattere gli ultimi alberi che addobbano le colline che precedono la Sierra Nevada per farci nuove costruzioni edilizie. Prima dell'orto occupato ci sono abitazioni e orti di contadini veri e propri. Ci salutano con un cenno della mano. Quando le ruspe verranno per costruire la seconda corsia quei contadini non saranno soli a resistere. Mano alle zappe, mano alle vanghe, liberiamo il tappo che permette al ruscello di entrare nell'orto e abbeverare fiori e piante, giochiamo con i cuccioli, togliamo le erbacce. Poco dopo siamo noi ad abbeverarci alla fonte, cento metri piu' avanti: acqua freschissima che sgorga da una parete della collina. Verso le dieci, quando qui tramonta il sole, una sciacquata a mani e piedi e poi cena con birra gelata e panini in un bar verso casa, non prima di aver raccolto due grosse zucchine e spinaci per il pranzo di domani. Mangiare di quello che coltivi al giorno d'oggi e' quasi utopia, quando ero con la zappa in mano ero ispiratissimo, l'agricoltura e' cosa graziosa assai, non nascondo di averci pensato a mandare in culo Italia, Cina e tutto il resto per restare a fare il contadino anarchico in questa calda e calorosa parte del mondo. E a proposito di Cina: oggi mi e' arrivata la mail dall'universita' dove mi comunicano di aver accettato la mia domanda di borsa di studio per un dottorato in scienze sociali di tre anni a Pechino. Non so se essere triste o felice. Sono angosciato per le scelte che a breve dovro' fare: Argentina o Cina? O anche: zappa o dottorato?

"alcuni di loro che hanno gia' finito il soggiorno restano a raccontare storie di sbronze, specialmente gli inglesi. Per loro non e' vacanza se non hanno vomitato tutte le sere"

Joe Sacco, Palestina

"si trovava in posizione orizzontale il classico bevitore serio che il giorno prima si era preso una sbronza di quelle da segnalare sugli annali della Storia dell'Alcool. Si accingeva ad alleviare i suoi postumi della sbornia con un bel bicchierozzo di birra in mano e un'aspirina dentro"

Juan Bas, Trattao sui postumi della sbornia

3 Comments:

At 4:46 AM, Blogger Wild Child said...

Ciccio caro, da Pechino non si scappa mai definitivamente. Vedrai che a Olimpiadi finite tutto sarà migliore... e torneranno i panzoni con l'ombelico di fuori e il triciclo a fumare sotto grattacieli a 88 piani, tutti vuoti.

 
At 12:03 PM, Anonymous Anonymous said...

3 anni a Pechino, giorni a Granata, orti anarchici...dura la vita del compagno di sbronze che ognuno al mondo vorrebbe avere! Sei vitale, Daniele, sei positivo, sei Cina e Argentina, e puoi essere quel che vuoi!
Auguri!!
Ira

 
At 4:04 PM, Anonymous Anonymous said...

La ringrazio per Blog intiresny

 

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