La mia Mongolia Interna
Ho appena finito di vedere un film, di quelli come piacciono a me, asiatico (anche se il regista non è morto suicida): Il matrimonio di Tuya. Storie vere o verosimili di vita, attenzione su individuo e paesaggio, ottimi documentari di società così lontane e diverse. Questa storia, ambientata nella Mongolia Interna (regione autonoma settentrionale della Repubblica Popolare Cinese, appena sotto la Mongolia nazione indipendente), mi ha fatto tornare in mente un viaggio di pochi giorni ma grande intensità, uno dei più belli, uno che racconto raramente. Ne vorrei parlare qui:
Correva l'anno 2005, fine maggio e fine della mia seconda esperienza in Cina. Decisi con altri amici e colleghi italiani di buttarci qualche giorno al nord a vedere steppe e deserti. Nadia, Chiara, Arianna (tutte studentesse di cinese, a Roma e Pechino come me) e il ragazzo (Marco mi sembra) di quest'ultima. Comprammo il biglietto del treno (8 ore fino a Hohhot, capitale della Mongolia Interna) pronti per l'avventura. Il giorno prima della partenza aiutai una bellissima ed elegante signora cinese (un soprano, sposata con un direttore d'orchestra italiano o qualcosa di simile) a studiare italiano. La sera le dissi del mio imminente viaggio in Mongolia Interna e (quanto è bello quando la Fortuna ti sorride a 32 denti!!) lei mi disse di essere mongola e di avere il fratello a Hohhot che organizza viaggi per i turisti: chiama subito il fratello e mi dà un indirizzo. Il giorno dopo questo splendido signore di cui non ricordo il nome ci aspetta alla stazione di Hohhot con un pulmino e un autista. Una persona squisita, delle più cortesi ed affabili che mai mi sia capitato di incontrare. Col suo pulmino ci porta in un albergo e non la finisce di ripetere di rilassarci e goderci il viaggio che lui ci ha organizzato. La cosa comincia a puzzarci, sa di inculata. Ma ci arrendiamo di fronte alla sua gentilezza. Bene. Dopo un thé in albergo saltiamo tutti in pulmino, direzione Baotou, seconda città della Mongolia Interna, qualche ora di strada e raggiungo l'orgasmo: steppa! Per chi non c'è mai stato è da difficile da spiegare. Come per il deserto. Immaginate una distesa sconfinata di verde e marrone e nient'altro. Amazing! Il signore continua a parlarci di tutto, soprattutto cultura cinese, e ci chiede molto del nostro paese e degli antichi romani. La sera arriviamo in una specie di oasi in mezzo al niente della steppa, una ventina di grandi tende mongole (che hanno un nome preciso e che ovviamente non ricordo). Siamo gli unici turisti. Posiamo le nostre quattro cose in una grande tenda, poi ci chiamano nella "tenda ristorante". Ci accolgono con mille riverenze e cortesie, ballerine e suonatori, un grande tavolo tutto per noi. Ricordo di una grande pecora cotta sul momento e cibarie varie, ricordo le mie mani infilate nella pecora unta fino al gomito, ricordo di brindisi infiniti, grappa a non finire, raramente mangiato e bevuto così di buon gusto. E canti e balli e cortesie e scambio di idee e cultura e abitudini. Più tardi salutiamo tutti, fuori è nero pesto non c'è nulla se non le stelle e un vento forza mille che in confronto la Bora è una scoreggia. Sono ubriaco e felice, barcollo tra tende e stelle, nitriti di cavalli penetrano l'ululare del vento, accompagno gli altri nella nostra tenda, tempo 2 secondi sono fuori col vento a forza milleduecentoventuno, un sacco a pelo in spalla, cresta al vento e una bottiglia di grappa in mano, naso all'insù fisso le stelle e cammino dove capita, poi mi siedo, sistemo il sacco a pelo, butto giù grappa e fantastico, felice come un bambino. Poco dopo (chissà come dato il buio) arriva Nadia che mi si siede vicino, aveva problemi di cuore mi sembra, la serata diventa romantico-malinconica, le stelle unico dio e la grappa avvocato del diavolo. Nadia si alza per fare pipì la sento cadere ed imprecare, è tutta pianura ma ci sono parecchie buche. Rido ancora più divertito. Il giorno dopo lauta colazione, freddo boia e vento forza milleseicentotrentaquattro, ci propongono un giro col cavallo, accettiamo solo io e Nadia, ci accompagnano due ragazzi mongoli dal viso tondo e rosso, gli occhi più chiusi dei cinesi, il vestito blu e gli stivali classici dei nomadi delle steppe. Ci portano a qualche chilomentro dalle tende, a vedere un mini tempietto buddhista. Belle emozioni. Altro pranzone al ristorante, poi di nuovo pulmino, parecchia strada e altro orgasmo: il deserto del Gobi! Il deserto ti lascia senza parole, ma io ero già stato nel Sahara che, con tutto il rispetto per il Gobi, non è UN deserto ma IL desterto per antonomasia. Solo che mentre nel Sahara vanno col dromedario, qui vanno col cammello, che è fondamentalmente più comodo e anche più fico direi. Scammellata per le dune, poi via le scarpe e ruzzolarsi come girini nel fango, un bicchiere di grappa non guasta mai e anzi ci sta sempre bene. Salutiamo steppe e deserti, torniamo a Hohhot, giro per città e templi, discussioni addirittura politiche col mitico signore, poi tutti al "centro ricreazione", partite a ping pong, bowling, cena, relax, karaoke e grappa. La notte riprendiamo le nostre cose all'albergo, ci accompagnano alla stazione col pulmino, ringraziamo tantissimo il signore e l'autista per tutto il servizio, la compagnia, la gentilezza nelle due giornate piene zeppe di attività ed emozioni. Da lì treno per Pechino. Costo del tutto? Zero! Il signore ci ha detto di aver pagato tutto e di essere stato strafelice per il tempo trascorso insieme, ci ha parlato dell'ospitalità mongola e di questo popolo così diverso per tradizione, lingua ed etica dai cinesi. Ha solo voluto che gli lasciassimo le nostre email e una foto di tutti noi insieme. Siamo rimasti increduli per non dire allibiti. Quando sono arrivato a Pechino avevo ancora il cuore a mille, abbiamo comprato una confezione di dolci da regalare alla signora cinese e l'abbiamo ringraziata moltissimo per la cortesia del fratello.
Di tutti i posti in cui sono stato credo l'ospitalità più bassa ricevuta sia sempre stata quella "occidentale".
Steppa-deserto-cavallo-cammello-grappa-vento. Non credo riuscirei a viverci in Mongolia, ma un tentativo lo farei volentieri.
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