Diario di un prof.: fine del mestiere di insegnante?
Nella nostra scuola, un liceo con indirizzo classico e linguistico di un capoluogo di provincia marchigiano, alunne e alunni vengono a lezione dalle ore 7.55 alle 12.55. Qualcuno a volte esce alle 12, altri alle 14, ma di base diciamo che fanno cinque ore mattutine al giorno, dal lunedì al sabato. È l’orario curricolare, quello delle “materie che si devono fare”, il minimo sindacale, quello che lo Stato offre e pretende da loro, l’obbligo scolastico insomma. La nostra è una scuola anche molto attiva e dinamica sul piano dell’offerta formativa, vale a dire organizza, produce e offre tantissimi progetti extra curricolari (cioè fuori dall’orario scolastico mattutino, quindi in orario pomeridiano) che, in quanto tali, non sono obbligatori né per docenti né per alunni e alunne. L’impressione che purtroppo ho da quando ha iniziato a lavorare qui (settembre 2013) è che queste attività e progetti pomeridiani siano diventati più impegnativi e in qualche modo più “importanti” della formazione nelle ore curricolari mattutine obbligatorie. Non sono il solo a pensarla così, ma non è di questo che voglio parlare ora.
Mi preme invece condividere un malessere: negli ultimi anni, una serie di riforme partite dall’alto (vale a dire proposte dai governi al Parlamento e poi implementate tramite il ministero dell’istruzione) ha introdotto come OBBLIGATORIE E IN ORARIO CURRICOLARE attività interdisciplinari come l’educazione civica, il P.C.T.O. (acronimo che sta “Percorsi per le Competenze Trasversali e l'Orientamento”, l’ex Alternanza scuola-lavoro) e l’orientamento. Significa che tu, ad esempio, docente di lingua italiana, formato e laureato in Lettere, vincitore di concorso nazionale, devi utilizzare le tue ore curricolari e mattutine per occuparti, fare lezione o anche solo fare sorveglianza durante queste attività di educazione civica, P.C.T.O. od orientamento, decise dall'alto e organizzate dalla scuola tramite i vari gruppi di docenti. Nello specifico, sono 33 ore per l’educazione civica, 30 per l’orientamento e diverse decine per il P.C.T.O. a seconda della tipologia di scuola (liceo, tecnico o professionale). Sommando le tre, esce un monte orario di almeno 100 ore per la nostra scuola.
Facciamo un piccolo calcolo: le settimane “di scuola” (i famosi nove mesi di parto!) sono circa 35; togliere 100 ore circa di attività didattica curricolare e mattutina per dedicarle (decisione presa dall’alto, ripeto) a educazione civica, P.C.T.O. e orientamento significa praticamente due cose:
- innanzitutto, come un mio collega ha sottolineato, equivale a cancellare l’intero programma annuale di una disciplina di tre ore curricolari settimanali (3x35=105), come potrebbe essere, ad esempio e a seconda delle diverse scuole, una materia come fisica, storia dell’arte o lingua inglese;
- che un docente laureato e vincitore di concorso dovrà lavorare non per trattare la sua “classe di concorso”, cioè la disciplina per la quale ha vinto il concorso, bensì reinventarsi per occuparsi (anche solo come “sorveglianza”, nella migliori delle ipotesi) di altro: 1. lezioni di educazione civica (che comprende un po’ tutto, dall’educazione sessuale a quella alimentare, dall’educazione stradale a quella ambientale); 2. attività di orientamento, come sorveglianza al cinema o in incontri con psicologi, università o Polizia di Stato; 3. fare sostituzioni a colleghi e colleghe assenti in altre classi, mentre i tuoi alunni e alunne sono a fare P.C.T.O., occupandoti eventualmente anche di fare da tutor, monitorandoli, andando in azienda e valutando il loro percorso.
Mi verrebbe da dire, semplicemente: va bene tutto, ma io ho studiato lingua e cultura cinese, in quello mi sono laureato e per questo, attraverso un concorso pubblico e nazionale, mi hanno scelto e impiegato a lavorare come professionista. Non per altro.
No, non mi piace affatto questa cosa. In particolare, il secondo punto a me suona tanto come: “Caro Professore, noi il Ministero abbiamo deciso che quello che tu fai non è poi così importante per alunni e alunne, e per questo ti mettiamo a fare altro, cioè quello che decidiamo noi, non necessariamente collegato alla materia che insegni, né alla tua classe di concorso, né alla tua formazione”.
La Scuola è nostra, cittadini e cittadine di questo Paese, vediamo un po’ cosa pensiamo di farne...
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