Friday, July 17, 2020

Commenti all’Esame di Stato 2019/20

Il 30 giugno 2020 è stato per me l’ultimo giorno come commissario interno agli Esami di Stato presso il Liceo Leopardi di Macerata, scuola dove lavoro da anni come docente di lingua e cultura cinese. A oltre due settimane da quell’ultimo appuntamento con la “Maturità 2019/20” vorrei condividere qui alcune riflessioni e commenti sulla stessa. 

Causa Covid-19, quest’anno il Ministero dell’istruzione ha deciso di eliminare le prove scritte per i candidati e le candidate. Niente tema di italiano né prova relativa alle materie d’indirizzo per migliaia di studenti e studentesse. E niente commissari esterni (cioè niente professori provenienti da altre sedi), ma commissione d’esame interamente interna, con l’aggiunta di un presidente esterno. È chiaro (per lo meno a noi addetti ai lavori) che con una commissione interna è tutto più fluido, lineare, familiare. “Giochiamo in casa / ragazzi, giochiamo in casa!” griderebbero i tifosi allo stadio. Senza gli scritti, tutta la prova d’esame verte sul colloquio, ovvero sulla prova orale, che quest’anno pesava per ben 40/100esimi. I restanti 60/100esimi sono stati assegnati negli ultimi tre anni di scuola superiore ad ogni singolo candidato, sulla base delle medie dei voti delle varie discipline e da vari bonus aggiuntivi. 
Una prova orale, cioè un confronto colloquiale tra il candidato e i suoi professori nelle sei discipline selezionate in base alla tipologia di scuola, che vale 40/100esimi (cioè i 2/5 dell’intero voto finale e i 2/3 di quanto collezionato nei tre precedenti anni scolastici) è davvero tantissimo e pesa, a mio modesto parere, decisamente troppo sul giudizio finale. Significa, tradotto in termini più semplici, che un alunno o un’alunna con risultati mediocri e una media di voti del 7, a fronte di una prova orale di 45-60 minuti abbastanza brillante e sciolta, poteva tranquillamente uscire con quasi 90/100esimi. Questo va a favore del candidato stesso, ma sfavorisce (e purtroppo è successo anche nella mia classe) chi si è sempre impegnato e ha portato a casa ottimi voti negli ultimi tre anni ma si è emozionato o è andato nel pallone nell’oretta scarsa di colloquio orale.  

Più nello specifico, la prova orale iniziava con la presentazione di un elaborato scritto, che studenti e studentesse erano invitati a discutere con i sei commissari interni, per poi passare alla prova orale di lingua e letteratura italiana, con analisi dei testi e il manuale sotto mano. Poi, presentata una traccia scelta dai commissari interni, una discussione da parte del candidato che doveva coinvolgere (una dopo l’altra) tutte le discipline, secondo ipotetici (e a volte forzati e piroettanti) collegamenti con i contenuti dei vari programmi affrontati durante l’ultimo anno. Credo che questo famoso elaborato, richiesto e comunicato dal Ministero dell’istruzione a un mese circa dall’inizio dell’esame e quindi del tutto improvvisato, sia un po’ una grossa stupidaggine. Il motivo principale è che non va a verificare nessuna competenza (andava preparato a casa, quindi facilmente producibile con un’operazione di copia / incolla da contenuti reperibili in rete o, per i più svogliati, fatto fare da genitori o amici) né conoscenza (la presentazione è stata spesso una ripetizione a memoria dei contenuti di cui sopra). Cosa e come devo giudicare, io commissario, questa ripetizione mnemonica di contenuti scopiazzati dalla rete, della quale i commissari non sono tenuti ad avere conoscenza o familiarità? Ai posteri l’ardua sentenza.

Dal punto di vista dei docenti, capita di assistere a performance a volte lente e noiose, a volte decisamente più sgargianti. Altre volte ancora, ci si sente rapiti ed affascinati dalle parole dello studente o della studentessa: staresti ad ascoltarli per ore. Come ha detto un mio collega con tono di lode, alla fine della prova orale di un numero di candidati particolarmente brillanti: “oggi sembra di stare ad un corso di aggiornamento”. 

Lo scorso anno, per la “Maturità 2018/19”, il Ministero aveva dato indicazione di utilizzare delle “buste”, cioè delle tracce o documenti da sottoporre al candidato in forma anonima e casuale, materiali dai quali il candidato stesso era tenuto a iniziare un percorso e un ragionamento passando da una disciplina all’altra, per poi sottoporsi alle domande dei commissari. Le buste si estraevano a caso e ciò garantiva maggiore imparzialità e casualità. Quest’anno le tracce sono state sottoposte dai commissari in maniera non casuale e, quando un candidato era in difficoltà e incapace di fare relazioni e collegamenti tra le varie discipline, poteva riprendere in mano grossolanamente i contenuti del proprio elaborato e “viaggiare” per le varie materie, o farsi “ispirare” dai suggerimenti del docente. Infatti alcune tematiche ritornavano un po’ troppo spesso: nel nostro caso, ad esempio, guerra, totalitarismi o condizione della donna. 
Provo a spiegarmi meglio. Immaginiamo uno studente non particolarmente ben preparato, che per la prova orale abbia ripassato bene solo la guerra civile spagnola, la condizione della donna nella Cina antica e Virginia Woolf. Conoscendo i suoi limiti ed il suo excursus di studi, probabilmente non conterà di fare chissà quale notevole performance e non punterà ad un esito in 100esimi particolarmente alto. Sarà quindi più disinvolto, avendo meno da perdere. Conosce già i suoi professori (la commissione è interna, ricordo) ed è particolarmente bravo nel comunicare con gli altri. Se sarà bravo a guidare la discussione, partendo da una qualsiasi traccia, e se il docente non interverrà con maggiori approfondimenti e domande fuori da quei temi, il risultato sarà eccellente perché brillante l’esposizione, nonostante carente in tutte le altre conoscenze. 
Ben venga per lui o per lei, pazienza se il voto sarà alla fine un po’ gonfiato. Peccato però per il candidato che si trova nella situazione opposta, cioè quella di aver sempre viaggiato su voti alti, portando a casa risultati importanti durante tutti gli anni e che, per questo, avrà tutto da perdere in quei 45-60 minuti di prova orale se non riuscirà a dare il massimo e conquistare i 100/100esimi.

Io credo che sia diseducativo “andare a scuola” per collezionare voti e mi deprime vedere un mio alunno o alunna prendere in mano la calcolatrice per verificare la media dei suoi voti. Quindi credo anche che il voto finale alla prova di maturità non sia poi così importante perché importante è se e come sei cresciuto/a negli ultimi cinque anni di scuola superiore e cosa porti a casa di questa intensa esperienza di crescita. Però capisco anche che possa scocciare “rovinarsi” proprio in occasione dell’Esame di Stato, specie quest’anno dove le prove scritte sono state eliminate e la sola prova orale valeva per ben il 40/100 del totale. 

Credo inoltre che l’ex esame di maturità sia un’OCCASIONE che si dà ad un alunno o alunna di dimostrare proprie conoscenze (letterarie, storiche, filosofiche, culturali, scientifiche, ecc…) e competenze (lessicali, linguistiche, analitiche, espositive, ecc…), confrontandosi in circa 60 minuti con degli adulti “esperti” in diverse discipline. È questo il momento per dimostrare a se stessi e se stesse se, rispetto a cinque anni prima, quando a quattordici anni si entra per la prima volta in un liceo e si è poco più che bambini e bambine con grande curiosità e voglia di conoscere, quanto si è effettivamente cresciuti e cresciute, quanto lontano sia quel “poco più di un bambino” di cinque anni fa.    

Detto questo, VIVA LA SCUOLA, VIVA L’ISTRUZIONE! Un ambiente e un processo di crescita che, ricordo sempre ai miei studenti e alle mie studentesse, sono un privilegio e mai qualcosa di scontato. 

Buone vacanze. Ci vediamo a settembre. Carichi.

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