Avventure mattutine di tarda primavera: in salvagente lungo il fiume Potenza.
Lunedì 10 giugno, una bellissima giornata per non fare un cavolo e dedicarsi ad una "mattata" che progetto da tempo: buttarsi a fiume con un salvagente e farsi trascinare a foce finché qualcosa non vada storto.
Mi alzo che il sole è già alto, esco di casa intorno alle 11 e poco dopo parcheggio la macchina in una strada sterrata di fianco al ponte di Sambucheto di Montecassiano (MC), ponte che dà sul fiume Potenza. Lascio tutto in macchina, porto con me solo il salvagente, una maglietta, un costume e un paio di vecchie Converse. Chiudo gli sportelli e lascio le chiavi dell'auto sotto un albero. Lancio il salvagente dal ponte, a farlo cadere su un tratto di ghiaia e fango. Poi mi getto tra rovi e ortiche fino a raggiungere il fiume. Mi butto in acqua seduto sul salvagente ed è subito emozione.
Lasciato alle spalle il paesino e il rumore delle auto lungo la statale, di fronte a me ho solo le lievi onde del fiume, banchi di ghiaia bianca qua e là, il verde della sterpaglia, il giallo dei campi e l'azzurro del cielo. Ogni tanto delle anatre, qualche uccello, degli aironi (credo). Un quadro di van Gogh, un quadro senza tempo. Il Medioevo, forse. Proseguo senza difficoltà a velocità spedita per un buon tratto. L'acqua non è molto fredda, il salvagente è comodissimo, fisso le scarpe bagnate, sogno un birra gelata. Più tardi sono costretto a scendere e a proseguire a piedi, perché incontro una piccola diga. Poi riprendo a cavalcare le onde, stavolta steso a pancia in giù. Così riesco a dirigere meglio il mio andamento, mi diverto a girare sul salvagente o a tentare di evitare banchi di rami e detriti. Qualche volta ci riesco, altre volte mi ferisco gambe e braccia.
Prosegue tutto liscio, finché incontro una vecchia e più grande diga, probabilmente non più in funzione. Di fianco una struttura abbandonata. Mi fermo sulla ghiaia e deciso sul da farsi. L'acqua è alta, la corrente forte, il fondo ghiaioso a risucchiarti i piedi. Mollo il salvagente e provo ad uscire da un lato. Impossibile, vegetazione troppo fitta. Provo dall'altro lato, con più grinta e cattiveria. Risultato gambe e braccia martoriate da rovi e ortiche, nessuna via di fuga. Torno in prossimità della diga. La cascata non è alta ma violenta, con o senza salvagente rischierei di farmi molto male. Tornare indietro a piedi, combattendo la corrente, sembra l'unica soluzione. Ma prima decido di tentare di salire sul muro di cemento sulla destra. Lì la corrente è assente, a formare un piccolo laghetto di acqua stagnante. Vi arrivo prono sul salvagente. Poi provo ad arrampicarmi sul muro, facendo affidamento alla ridicola potenza che ho nei bracci. Contro ogni legge fisica, riesco a salire su con l'aiuto di un palo di ferro e una rete arrugginita, portando con me anche il salvagente. Potrei uscire dalla recensione della diga e proseguire per campi, ma il richiamo del fiume ha la meglio: mi lancio nella cascatella col salvagente e la corrente mi porta velocemente via. Figata.
Tempo dopo scorgo all'orizzonte due ponti malconci. Li riconosco: sono i ponti che portano al paesino di San Firmano, nel comune di Montelupone. Da Sambucheto saranno sei o sette chilometri. Mi arrampico nella fitta vegetazione e sono fuori. Mi do una sciacquata ad una fontanella e decido di raggiungere la statale attraverso un campo di grano, col salvagente sopra la testa. Arrivato alla statale, il romanticismo muore sul colpo. Via vai di macchine sfreccianti e pericolosi camion a rimorchio. Cammino per un paio di chilometri in direzione Sambucheto, sperando di non finire sotto un autocarro. I guardrail e rendere il tutto più difficile. Per fortuna si ferma una macchina blu, la persona al volante abbassa il finestrino e mi chiede se voglio un passaggio. Ha la pelle nera e non parla bene l'italiano. Getto senza pensarci troppo il salvagente nel bagagliaio e mi siedo di fianco a questo gentile ragazzo. Sono ancora tutto bagnato, le scarpe sporche di terra, costume e maglietta fradici, le ferite alle gambe. Eppure a questo tale non sembra importare troppo. Qualche minuto più tardi mi lascia nelle vicinanze del ponte di Sambucheto.
- Come ti chiami? - gli chiedo prima di scendere.
- M.
- Io Daniele. Grazie del passaggio, M.
- Di niente. Buona giornata.
Una bellissima giornata di giugno.
1 Comments:
Daniiiii sei bellissimo, anche con le ferite a quelle gambette secche secche che ti ritrovi! Patatone sei fighissimo! Saluti a Silvia
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