Attualità in una favola di Esopo
Un'aquila aveva costruito il suo nido in alto sulla cima più alta di una quercia, mentre in una cavità posta a metà del tronco vi era una gatta che aveva appena dato alla luce sei bei micini. Alla base dell'albero, invece, una scrofa aveva scavato tra le sue radici dove aveva partorito anch'essa sei teneri cinghialini.
La gatta non aveva a piacere di questa convivenza con gli altri animali. Lei voleva la pianta tutta per se. Così escogitò un astuto stratagemma per liberarsi degli altri inquilini.
Il felino si arrampicò fino al nido dell'aquila e le disse: "Una calamità si sta abbattendo su di te ed anche su di me. Vedi laggiù quella femmina di cinghiale? Ogni giorno sta scavando tra le radici di questa quercia affinché la pianta cada e lei potrà facilmente uccidere i nostri figlioli". Dopo avere instillato la goccia del terrore nella mente della povera aquila, la gatta scese giù strisciando fino ad arrivare dalla scrofa e le disse: "Ti avverto cara mia che i tuoi piccoli sono in pericolo. Non appena ti allontanerai in cerca di cibo, l'aquila balzerà su uno dei tuoi figli per darlo in pasto ai suoi aquilotti". Dopo essersi accertata d'aver intimorito anche la scrofa, la menzognera gatta fece ritorno nella sua tana. Di notte essa faceva mangiare di nascosto i suoi micetti, di giorno invece se ne stava lì a fissare gli altri due fingendo di temere che da un momento all'altro l'albero cadesse giù. Così, mentre l'aquila rimaneva appollaiata giorno e notte sul nido per paura che il cinghiale potesse ghermirgli i figli. Per lo stesso motivo nemmeno la scrofa si allontanava in cerca di cibo. Insomma, per non tirarla tanto sulle lunghe, andò a finire che morirono di fame sia l'aquila che la scrofa assieme ai loro figli.
E la gatta? Lei cibò la sua prole con le loro carcasse.
"La gatta, l'aquila e la scrofa", favola di Esopo (VI sec. a.C.)
La gatta non aveva a piacere di questa convivenza con gli altri animali. Lei voleva la pianta tutta per se. Così escogitò un astuto stratagemma per liberarsi degli altri inquilini.
Il felino si arrampicò fino al nido dell'aquila e le disse: "Una calamità si sta abbattendo su di te ed anche su di me. Vedi laggiù quella femmina di cinghiale? Ogni giorno sta scavando tra le radici di questa quercia affinché la pianta cada e lei potrà facilmente uccidere i nostri figlioli". Dopo avere instillato la goccia del terrore nella mente della povera aquila, la gatta scese giù strisciando fino ad arrivare dalla scrofa e le disse: "Ti avverto cara mia che i tuoi piccoli sono in pericolo. Non appena ti allontanerai in cerca di cibo, l'aquila balzerà su uno dei tuoi figli per darlo in pasto ai suoi aquilotti". Dopo essersi accertata d'aver intimorito anche la scrofa, la menzognera gatta fece ritorno nella sua tana. Di notte essa faceva mangiare di nascosto i suoi micetti, di giorno invece se ne stava lì a fissare gli altri due fingendo di temere che da un momento all'altro l'albero cadesse giù. Così, mentre l'aquila rimaneva appollaiata giorno e notte sul nido per paura che il cinghiale potesse ghermirgli i figli. Per lo stesso motivo nemmeno la scrofa si allontanava in cerca di cibo. Insomma, per non tirarla tanto sulle lunghe, andò a finire che morirono di fame sia l'aquila che la scrofa assieme ai loro figli.
E la gatta? Lei cibò la sua prole con le loro carcasse.
"La gatta, l'aquila e la scrofa", favola di Esopo (VI sec. a.C.)
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