Wednesday, April 19, 2017

Di questi ultimi 1742 chilometri “on the road”



Il romanticismo di una solitaria on the road da Macerata a Bolzano e ritorno, solo per strade secondarie. Per laghi e per fiumi, per provinciali e per piazzole di sosta. Prima tappa il silenzio assordante del monastero di Fonte Avellana, nel verde totalizzante dell’Appennino urbinate. A Carpegna non ho visto prosciutti ma un giovane cervo attraversare la strada. Fermarsi in un posto solo perché incuriositi dal nome, tipo Macerata Feltria che si chiama come la mia città o Milano Marittima come il capoluogo lumbàrd. Svolta ad U in tangenziale, braccato dalla gendarmeria della libera Repubblica di San Marino. “L’uomo senza religione è come il pesce senza bicicletta”, firmato A cerchiata su un muro nelle campagne del ferrarese. “Berlusconi alla catena, Marchionne in fonderia, questa la nostra democrazia” proclamava altra vernice su un casolare. Monongah, Dawson, Marcinelle: a memoria. Nere le prostitute sotto il sole di mezzogiorno lungo l’Emilia. Veneto di pianure per ciclisti e ville del Palladio. Non ricordavo una chiesa tanto bella come quella di Sant’Antonio a Padova. Bicicletta imperativo morale. “Non abbassare la guardia… colpiscila!”, come suggerito da una scritta su un muro nei pressi dell’università. Padova dal centro dotto e borghese, Africa nera in direzione sud oltre la linea ferroviaria. Meglio sbagliato che ingiusto. La verità del soggetto che emerge quando balbetta, secondo Jacques Lacan. Trento massaggiata dall’andare costante dell’Adige. I musei per riempire le giornate. “Don Matteo è dell’ISIS”, come urlato da un adolescente in un parco nel centro di Trento. 4 novembre 1966 alluvione nel Triveneto e abbondanza di morti. “Bevo solo due volte al giorno: a pasto e fuori pasto”, massima di un bevitore qualsiasi nei migliori bar del capoluogo. Poco prima un acceso dibattito sul concetto di campagna e il panorama fondamentalmente verticale offerto da queste parti. “Godersi l’inquieto vivere”. Bolzano ti accoglie da sud con una zona industriale che neanche la Detroit degli anni d’oro. Bolzano Germania italiana, Impero austro-ungarico. Il pullulare dei turisti soprattutto biondi, l’allegro andare dei migranti in bicicletta, il mio sfondarsi di pretzel e succo di mela. “Ogni volta che esco da un museo di arte contemporanea sento forte il desiderio di masturbarmi”, di autore anonimo. La differenza tra indipendenza e autonomia secondo Hannah Arendt. Nel Sud Tirol imbarazzo diffuso e difficoltà nell’utilizzo della lingua italiana. Ad esempio, chiedendo ad una signora cosa offrisse un certo museo la risposta è stata: “Sì, sì!”. Ad altro esempio e monito: “Scusi, quanto costa il biglietto?”, non siamo andati oltre il “Fare fila, pagare biglietto”. Grazie. Si sente parlare più italiano a Berlino che a Bolzano. Allo Stadio Druso la partita col Fussball Club Sudtirol. Chissenefrega del risultato quando hai i cori. Poi la banca e il calcio. A me piace ricordare quel 16 settembre 1920 alla J. P. Morgan di Wall Street. Poi c’è l’Alto Adige che è un quadro mai dipinto; ad esempio a Renon ti senti un po’ Heidi anche senza le caprette. Tra Heidi e Haider. La cittadina di Egna è un’opera d’arte di turisti troppo silenziosi e la targa commemorativa al patriota tirolese Andreas Hofer. E poi di nuovo strade di montagna fino al Piave con sosta a Treviso dove non ero mai stato. E poi giù a tagliare la foce a delta. Ore e ore di radio italiana. Innamorarsi del nome di un paesino a caso, tipo Taglio di Po. Perché, dio can!, un tramonto sul Po merita eccome. Nonostante la grandine, la pioggia, il vento. Il caffè all’alba dal primo metanaro incontrato lungo la provinciale. Goro, Gorino, Codigoro operazione amarcord. Nek che fa canzoni con J-Ax su Freud. Chissà se la lumaca sa di essere lenta, mi sono chiesto più volte. A Ravenna perché mancavo da una trentina d’anni. E anche qui di fare torri diritte proprio non se ne parla. “Fedeli alla roba” di Bruno Panebarco. Per dove proseguiamo dunque? Andiamo avanti! Perché indietro non si torna, se non con la memoria. Tagliare Cesena e l’Appennino tra Romagna e Marche. 4 agosto 1906 il naufragio a largo delle coste spagnole del piroscafo Sirio carico di migranti italiani diretti in Argentina, i morti 500 circa. Dopo l’acqua dai poteri magici di Nocera Umbra, via verso Fiuminata, Pioraco, Sefro, Camerino, Pieve Torina, Monte Cavallo, Visso. A vedere come sta il nostro Appenino ferito e incerottato.  Un salto a Sarnano per un rapido saluto ai cento studenti cinesi presenti in paese (che di abitanti ne fa tremila; Sarnano è la Prato delle Marche). Poi Penna San Giovanni, Falerone e Loro Piceno tanto per allungare il giro. A Petriolo per un omaggio alla buon'anima di Arsì. Quella sensazione che “Se vuoi vivere felice devi vivere quaggiù”.  Io invece ancora “ho il ballo di San Vito e non mi passa”.

Non sai che ci vuole scienza, ci vuol costanza, ad invecchiare
senza maturità,
ma maturo o meno io ne ho abbastanza
della complessa tua semplicità.
Ma poi chi ha detto che tu abbia ragione,
coi tuoi "Also sprach" di maturazione
o è un'illusione pronta per l'uso
da eterna vittima di un sopruso,
abuso d'un mondo chiuso e fatalità;
ognuno vada dove vuole andare,
ognuno invecchi come gli pare,
ma non raccontare a me che cos'è la libertà!


Francesco Guccini - "Quattro stracci" 

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