Friday, November 15, 2013

Non capiscono che senza tifo non esiste il calcio. E non viceversa.



A me discutere di tifo neanche entusiasma troppo. Voglio dire, ci sono cose (a mio avviso) più importanti. Però dati gli eventi delle scorse settimane a me sembra che in Italia ancora una volta si sfiori il limite del ridicolo, sia a livello nazionale che locale. Le politiche volte ad ammazzare il tifo organizzato, svuotare gli stadi e piazzare gli abbonati della pay-tv a casa stanno avendo la meglio.
Bravi tutti.

Leggi contro la "discriminazione territoriale", il controllo sugli striscioni, le strette sui cori, i megafoni, i petardi, i fumogeni... cos'altro volete inventarvi per cacciar via la gente dagli stadi? Quando ci vieterete anche di cantare o saltare?!

Sono tornato in pianta stabile in Italia da quattro mesi e seguo ogni domenica la Rata (Società Sportiva Maceratese 1922), in casa e in trasferta, in coppa e in campionato. Una squadra che seguo da quando avevo 14 anni, negli anni novanta, quando gli stadi erano pieni, la pay-tv non esisteva e ogni domenica era una festa di canzoni e colori. E sto parlando di Rata: niente a che vedere con la serie A o B, insomma.

Bene, nelle ultime settimane ho visto diffidare tanti, troppi compagni di curva. Pene pesantissime, da uno a cinque anni, migliaia di euro di spese legali, e tutto non per aver assaltato la caserma dei Carabinieri o aver incendiato il pullman della squadra avversaria, ma solo per acceso un fumogeno (sugli spalti, non in campo), esser saliti su una rete (senza scavalcare o invadere il campo) o essersi fermati al bar con delle bottiglie di birra in mano nel dopo partita.
Allontanati per anni da tutte le manifestazioni sportive. E stiamo parlando di ragazzi di 20-30 anni che vivono per la Rata, non di tifosi occasionali o che si presentano per cantare solo nei derby. Parliamo di gente che la partita la prepara già il lunedì mattina, si organizza, pittura gli striscioni, porta tamburi e megafoni in curva, contatta la società e le agenzie di trasporto. Gente che la domenica al campo al massimo getta qualche occhiata, per il resto sta di spalle e fissa la curva per organizzare al meglio i cori e la coreografia. Gente che il tifoso lo fa per mestiere, non per hobby: l'ultrà.

Sono loro che hanno diffidato per motivi del tutto veniali. Il vero fine è facile da intuire: tagliare la testa al tifo organizzato locale, rendendo lo stadio uno spazio semi deserto. Bravi voi tutti dei piani alti, bravi.

Non capite che il calcio senza tifo non esiste. Il calcio non sono 22 coglioni che corrono dietro ad un pallone, non sono due squadre che se la battono per 90 minuti, non è uno spettacolo per casalinghe annoiate o un circo per bambini idioti. Il calcio è vita. Le squadre non sono formate da una ventina di giocatori pagati profumatamente per allenarsi di giorno in giorno. I calciatori, così come gli allenatori, i direttori sportivi, gli osservatori, i preparatori atletici o i presidenti cambiano, si rinnovano, saltano da una squadra all'altra: il tifo no. Il tifo resta. Per questo il tifo è la parte più importante della squadra, è l'anima del calcio. I calciatori se ne vanno, i tifosi no. La squadra la fanno la città e i tifosi che la seguono con passione. Il resto è marketing, business, pay-tv, denaro, merda. Il calcio senza tifo non esiste. E non viceversa.

Domenica alle ore 13.00 ritrovo presso il Monumento dei caduti di Macerata per una marcia di protesta organizzata dai tifosi della Rata. Poi tutto allo stadio per Maceratese-Jesina.


in un mondo che
non ci vuole più
canterò di più
canterò di più 

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