Monday, February 13, 2012

Diario di un prof: un italiano in terra Anglo-Gaelo-Sassone

Sulla falsa riga di un blog ospitato nel sito di China Files (The Leftover of the day), riporto qui a libera frequenza le mie personali e quotidiane (dis)avventure nel dipartimento di studi orientali di un’università irlandese. Questi sono i racconti delle giornate di un docente italiano di cultura e società cinese alla University College Cork.


Si sa, non è facile fare l’italiano all’estero. Se prima non era da andarne fieri, dopo quindici anni di Berlusconismo c’è solo da vergognarsi di essere nati nello Stivale. Qualche tempo fa su feisbuc girava il divertente messaggio:

“Di dove sei?”
“Roma”.
“Romania?”.
“No, Roma: Colosseo, spaghetti, Italia”.
“Ah, Berlusconi!”.
“No, no! Romania!”.

Sì, è un po’ così. Poi personalmente trovo non proprio facilissimo fare lezione in lingua inglese. Me la cavo, ma certo l’accento pesante resta e qualche parola me la invento americanizzando un latinismo. Chissà quante risate si fanno gli studenti!

Per fortuna noi italiani abbiamo il “body language”, il linguaggio dei gesti: quel muovere costante ed ininterrotto mano, braccia, spalle ed espressioni facciali che lasciano di stucco lo straniero sprovveduto. Quasi come un mimo ad alta velocità, sembriamo dei prestigiatori, ipnotizziamo la vittima con un sorriso in bocca. Europei e americani se ne accorgono e ci sfottono anche per questo. È tutto uno sfottere.

Gira quella battuta da umorismo inglese “Vuoi far star zitto un italiano? Basta legargli i polsi dietro la schiena! Ahahahaha!”. Proprio da cagarsi dalle risate.

Ma vuoi mettere? Hai mai visto un italiano provarci con una studentessa francese o giapponese? Un’altra marcia proprio. Ipnotizzata all’istante. A confronto un irlandese sta ancora al bancone a riempirsi di Guinness per trovare il coraggio di lanciarsi.

Come diceva il grande De Curtis, “Hai aperto la parente? Chiudila!”.

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