Squatting Japan (1): l'arrivo ad Osaka
PREMESSA: gli occhi con i quali ho osservato e descritto il “mio” Giappone sono quelli di un italiano che ha vissuto in Cina per molti anni. La lettura ai seguenti post dovrà necessariamente tenere conto di questo.
Altra cosa molto importante: sono rimasto davvero entusiasta di questo viaggio. Il piacere del viaggio stesso, le novità trovate in terra giapponese e la curiosità per la sua cultura hanno completamente ricaricato le batterie che da troppo tempo avevo ormai spente nella mia noiosa e stressante vita pechinese.
Solitamente gli italiani che tornano dal Giappone raccontano di un paese incredibilmente pulito ed ordinato. La Svizzera d'Oriente. Mi sono sempre chiesto chi sia a rendere il Giappone così pulito. Ed è da questa domanda che ho cominciato il mio viaggio in terra giapponese.
Arrivo alle 3 e 10 di pomeriggio di martedì 14 giugno all'aeroporto Kansai di Osaka, Giappone centro meridionale. Osaka è una grande città industriale e commerciale, la Shanghai giapponese. Ha un paio di aeroporti, Kansai è costruito su un'isola artificiale. Linea ferroviaria e metropolitana impensabile in Italia, un gomitolo aggrovigliato dove i giapponesi sono riusciti ad inventare ordine ed efficienza.
Riesco abbastanza facilmente a procurarmi un biglietto per il centro città ed imboccare il treno giusto. Le mie prime impressioni non sono delle migliori. Mi aspettavo un paese tecnologico e all'avanguardia, post-postmoderno, ricco sfondato, colorato, illuminato a giorno 24 ore su 24, pieno di servizi e tecnologie che in Europa neanche fra cent'anni... ed invece mi ritrovo su una triste linea ferroviaria, tra risaie e case basse, pochi colori, un cielo grigio e minaccioso, più da periferia londinese che da capitale del nuovo mondo. Sarà così solo per un po', penso.
Arrivo a Tennouji, grande stazione nella zona meridionale di Osaka. Ad attendermi c'è RJ (i nomi sono tutti inventati), un anarchico giapponese che ho conosciuto e contattato tramite alcuni attivisti americani di Pechino. Avevo infatti chiesto ospitalità nei giorni scorsi sia a lui che ad altri autonomi di Osaka, Kyoto e Nara. RJ è stato il primo a rispondermi e a propormi un “activist tour” per Osaka. Io ho ovviamente accettato. Quanto segue, è il report di tre giorni con gli anarchici giapponesi di Osaka.
RJ ha 42 anni ma ne dimostra molti meno. È alto, smilzo, capelli corti e mascherina. In molti portano la mascherina in Giappone. Non so se per paranoia o perché (a mio modo di osservare) moltissimi hanno i denti sfasciati. Fossi dentista farei i miliardi a Tokyo. RJ ha una vistosa cicatrice al polso destro, che copre con un calzino sfondato. Mi ha detto di essere stato operato di recente alla spina dorsale e di aver perso sensibilità alla mano destra. Con lui ci sono Ma chan, Vecchio Li e Vecchio Punk. Ma chan è una ragazza di età indefinita, probabilmente la compagna di RJ. Vecchio Li è un anziano distinto, con uno dei sorrisi più belli mai registrati. Vecchio Punk è un vero personaggio, basso e tarchiato, avrà una sessantina d'anni ma si veste come un trentenne da centro sociale, ama bere e si è fatto qualche anno di carcere per reati politici. C'è poi un giovane fotografo, che sfoggia orecchino e spillette anti-nucleare. L'anti nucleare sarà un tema fondamente nelle relazioni tra me e questi ragazzi. E il fotografo lo chiameremo Ken. Sono tutti amici di RJ e attivisti ad Osaka, insieme ad altri che si aggiungeranno saranno i miei compagni d'avventura nei prossimi tre giorni.
Fuori dalla stazione Tennouji noto una decina di barboni, intenti a fumare e raccogliere quello che trovano in strada. Una classica scena da metropoli europea, ma non mi aspettavo di trovare nel ricco Sol d'oriente. Ma una scena ancora peggiore mi attende: delle urla e dei ragazzini ben vestiti che scappano via divertiti, un anziano senza tetto che li insegue zoppicando. Alcuni giovani studenti di buona famiglia, mi spiega RJ, si divertono a lanciare oggetti ai senza fissa dimora. A volte benzina che poi accendono.
Vero o meno, questa scena è stata per me un pessimo “benvenuto” ad Osaka city.
Ken ci porta in un “artistic café” nel centro di Osaka. Il gestore è un pittore giapponese, ma la moglie è italiana. Cristina (nomi sempre inventati) è una gentile e affabile ragazza del nord italiana, che ha studiato giapponese a Venezia, per poi venire a vivere ad Osaka. Le chiedo subito molte cose, e mi aiuta tantissimo nella comunicazioni con i miei nuovi compagni d'avventura giapponesi. Scopro di avere molte cose in comune con lei. Mi spiega che i giapponesi sono abbastanza xenofobi non solo con gli stranieri, ma anche con le cosiddette etnie minori del Giappone. Mi spiega anche che anche qui si può fumare ovunque, se non dove espressamte vietato o nelle strade principali.
Ceniamo con ottimi spuntini di pane e pesce, più birra abbondante. Prezzo: 9 euro a testa. Ci sta. Durante la cena, RJ mi spiega in inglese stentato il programma di questi tre giorni. Minchia, davvero pienissimo. Un vero anarchist-tour in giro per Osaka.
Tramite metro (che costa mediamente 1-1,5 euro) JR e gli altri mi accompagnano in zona Kyobashi, Osaka centro-est. Nei pressi della stazione metropolitana, dei loro compagni hanno affittato una stanza, dove io e Vecchio Punk passeremo la notte. Appena entrati, faccio la conoscenza di Vecchio So, un sessantenne disoccupato, e di Ryu, portavoce del FWF (Free Wokers' Federation), un sindacato anarchico di Osaka. Gli altri ci lasciano, appuntamento per la mattina dopo. Vecchio So dorme su un sudicio lettino, io, Ryu e Vecchio Punk in dei sacchi a pelo, a terra. Anche se nessuno parla inglese, mi chiedono subito del nucleare in Italia. Abbiamo vinto, amici miei, abbiamo vinto! Anche la televisione passa servizi del referendum in Italia e del cazzo in culo preso dal Berluska e compagnia cantante. Grida di vittoria (Banzai!) e brindisi di birra per un paio di ore. Poi Ryu comincia a riempirmi lo zaino di volantini e materiale di propaganda anti-capitalista. Mi parla anche di alcuni anarchici giapponesi condannati a morte o all'ergastolo per il fallito attentato all'imperatore, nei primi del novecento. E ovviamente, conoscono il nostro Gaetano Bresci. Che invece non fallì.
Viva l'Italia anti-nucleare, viva l'anarchia. E per il primo giorno è tutto, buonanotte!
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