Friday, April 30, 2010

Articolo di Internazionale sul cibo biologico in Cina: considerazioni

Su Internazionale di questa settimana a pagina 52 trovate un articolo titolato “I cinesi
mangiano bio”, del giornalista (credo) svizzero Bernhard Bartsch. Mi permetto alcune considerazioni.

1) A mio avviso le espressioni “la nuova classe media scopre il cibo biologico” e “In passato gli agricoltori cinesi erano tutti coltivatori biologici” sono in contraddizione. A parte che l’autore parla di “nuovi ricchi” e io mi chiedo sempre quali siano i “vecchi ricchi”, a parte che “ricchi” e “nuova classe media” sono cose ben distinte, ma qui il problema è che se prima (trent’anni fa) i cinesi non conoscevano un cibo che non fosse biologico, come si fa a dire che “la nuova classe media” lo scopre oggi??

2) “L’agente immobiliare, che ha 48 anni, attraversa i filari di piante di pak choi”. Pak choi?! Che roba è?! Che lingua è? Cantonese, malese, vietnamita?! Parla di Cina, parla di un villaggio fuori Pechino perché non usa una traslitterazione uguale in tutto il testo, ovvero il pinyin?! Pak choi si scrive “bai cai”, ovvero il cavolo cinese. Odio quando i giornalisti stranieri usano trenta traslitterazioni diverse nello stesso testo, è indice di ignoranza totale e non curanza della materia trattata. Stesso discorso vale per “Lohao City”.

3) Nel testo cita Wen Tiejun, un intellettuale sino-americano, docente qui alla Renmin University, leader del New Rural Reconstruction Movement, un guru del cibo biologico in Cina e delle riforme in materia agraria. L’autore poteva presentarlo un po’ meglio. Oltretutto non si dice “Università popolare di Pechino” ma “del Popolo”.

4) “Per la verdura biologica certificata, gli abitanti delle città pagano il doppio o il triplo dei prezzi normali e per questo la nostra attività è diventata molto proficua”.
A parlare è la signora Zhang, del villaggio Liuminying, a sud di Pechino. Io sottolineerei la parola “proficua” più che dare enfasi a questo neo-freakkettonismo con caratteristiche cinesi.

5) “L’agronoma Shi Yan teme che le industrie alimentari orientate alla coltivazione
biologica tendano a ricadere negli stessi errori di quelle tradizionali”.
Shi Yan è una giovane e bellissima ricercatrice cinese che ha fatto un dottorato in America. Lavora qui alla Renmin University. Un paio di settimane fa, in una conferenza, è stata attaccata da due burocrati con alle spalle decenni di esperienza nel campo agro-alimentare perché faceva finta di non sapere che la terra in Cina è dello Stato e che senza autorizzazione non puoi neanche pisciare. Dunque, investimenti statali o meno, c’è sempre il controllo del governo locale su qualsiasi operazione e progetto sulla terra. Anche biologico.
“Alla fattoria Dondon sono già più di cento le famiglie pechinesi proprietarie di una quota, e in totale la tenuta conta circa trecento lotti. “Molti arrivano durante il fine settimana per concedersi il piacere di lavorare il proprio campicello e raccoglierne i frutti”, dice Shi. “e in questo modo hanno la certezza assoluta di trovare la migliore qualità”.
Frena. La fattoria Dondon è solo una delle tante, di sicuro la più pubblicizzata. È vero che ci sono volontari ogni fine settimana e che si organizzano corsi di sensibilizzazione sul tema del cibo biologico per i bambini, ma è anche vero che a molti non frega molto di tutto questo e il tutto è gestito nel più semplice modello aziendale di corsa al profitto. Due miei amici (un americano ed un tedesco) sono andati là a dare una lettura sul biologico ad alcuni studenti e hanno notato che, alla fine della mini conferenza, la maggior parte delle persone si è alzata in piedi ed è andata a far pranzo in un Kentucky Fried Chicken lì vicino.

6) Dulcis in fundo, le foto:
- Quella titolata “Pechino, venditori ambulanti” non mostra venditori ambulanti. Venditori ambulanti sono quelli che vedi in giro col carrettino trainato da cavalli a vendere frutta o gli uighuri sull’aggeggio a tre ruote a vendere il dolce alle noci. Quelli in foto sono tre ragazzi cinesi in divisa sulle bancarelle stabili e ben piantonate per le vie delle città (demolizioni permettendo).
- Quella titolata “In un ristorante di Pechino” non mi sembra troppo appropriata perché mostra uno dei tanti ristoranti da catena commerciale per il consumo di massa, sullo stile coreano o giapponese, più che un classico ristorante pechinese.

3 Comments:

At 5:49 PM, Blogger silvia said...

e tu mi dici come fai a leggerti l'internazionale dalla cina?

 
At 7:05 PM, Blogger Massaccesi Daniele said...

:)

scarico la versione on-line

 
At 10:05 PM, Blogger Wild Child said...

I miei ex vicini coltivavano biologico nel giardino del condominio, recintando autonomamente aree comuni e piantando zucche, zucchine e baicai. Non so però se una coltivazione con vista Secondo Anello possa essere considerata biologica. Forse bere direttamente dalla tanica del diserbante è più salutare.

Un abbraccio,

 

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