Monday, December 29, 2008

Controllo delle nascite e sterilizzazione 计划生育与节育手术

La cosiddetta “legge del figlio unico” è un’impropria traduzione italiana del cinese计划生育, che significa “programmare le nascite”, ovvero un programma di controllo sul numero dei nati cinesi. E’ una legge emanata nel 1979 dal padre del capitalismo alla cinese, Deng Xiaoping. Deng, a differenza di Mao, si accorse già molti anni prima che senza un “regolatore demografico” la Cina sarebbe prima o poi esplosa, per questo stipulò questa (fuori dal paese) molto discussa legge sulla regolazione delle nascite. Ne avrete di sicuro sentito parlare, ne ho scritto anche io un paio di volte in questo blog, se qualcuno non sapesse di cosa stiamo parlando, posso brevemente dire che è una legge che vieta ad ogni coppia cinese di avere più di un figlio, indipendentemente dal fatto che esso sia maschio o femmina. Questa legge non vale se entrambi i genitori sono figli unici, non vale per i matrimoni con stranieri e non vale per le etnie minori. Inoltre è poco rispettata nelle campagne, dove non avere un figlio maschio significa morte di stenti per gli anziani contadini che non hanno prole su cui far affidamento (la figlia segue il marito dopo il matrimonio), in un paese dove lo stato sociale non è proprio quello dei paesi “sviluppati”. Infine (inutile dirlo) questa legge non vale per i ricchi, che possono permettersi di pagare le salatissime multe per chi trasgredisce la legge e soprattutto di pagare privatamente istruzione, sanità e via dicendo alla numerosa prole.
Non è un mondo giusto e la legge non è uguale per tutti, alzi la mano chi non lo sapeva già…

Fin qui nulla di nuovo, molti di voi sapevano già tutto, scusate se mi sono ripetuto.
La novità che ho sentito oggi è invece abbastanza agghiacciante: un’amica cinese mi ha detto che la cosa più crudele è che fino a qualche anno fa, dopo la nascita del primo figlio, era obbligatorio che la coppia si sterilizzasse, ovvero che uno dei due si facesse operare. Si chiama 节育手术, letteralmente “operazione per evitare di procreare”. Siccome poi quella cinese è la società maschilista e patriarcale per eccellenza, agli uomini non piace farsi sterilizzare, perché si sentirebbero阉割, cioè castrati, privati di mascolinità. Va da sé che nella maggior parte dei casi è la donna a dover subire il trattamento, prima per节育手术, oggi tramite上环, ovvero Intra Uterine Device, nota in Italia come “spirale”.

Io non ne avevo mai sentito parlare, mi sembra abbastanza strano e assurdo che lo Stato oltre a decidere (per il bene del popolo, si intende!) quanti figli puoi avere, ti obblighi anche fisiologicamente ad obbedire alla legge. Un po’ come se in Italia per impedirti di rubare ti tagliassero le mani appena nato. Sarebbe bello un Parlamento di monchi!
Di certo il tema in Cina è iper delicato, di sicuro ai cinesi non piace che gli stranieri parlino di questo tipo di cose, probabilmente perché anche loro la sentono come una pesante condanna. Il mio discorso era però partito da tutt’altra questione, ovvero: dato il boom di matrimoni tra cinesi e stranieri (soprattutto di donne cinesi e uomini stranieri), quanto la cosiddetta “politica del figlio unico” può spingere un cinese (soprattutto una donna cinese) a sposarsi con uno straniero per avere “diritto” a fare più figli? Poco, in base a quanto ho sentito da alcune ragazze cinesi. Saranno forse “i soldi”? La promessa di una vita migliore? La voglia di emancipazione? Gli stranieri sono più belli o affascinanti? È solo moda o curiosità? Sarà mica per amore? Ve lo dirò se e quando mi sposerò con una cinese. Per adesso, buona sterilizzazione a tutti!

Sunday, December 28, 2008

Beijing, febr / may 2004: my first time in China!






















Imenoplasia: ritorno alla verginità... 处女膜修补术

Interessante articolo de La Stampa sulle donne turche e il loro rapporto con la (mancata) verginità il giorno della prima notte di nozze. Tempo fa, in una discussione da bar con degli amici (italiani, ovviamente) ho sentito dire che molte ragazze turche praticano solo sesso anale prima del matrimonio per evitare di arrivare "non più vergini" alla prima notte di nozze. Sarebbe interessante fare un'indagine su come la verginità sia concepita e vissuta nel 2008 tra donne di etnia, paese e religione diversa nel mondo. Proprio in questi giorni sto preparando un mini progetto di ricerca su questo argomento, un questionario per un campione di studentesse cinesi del mio campus con lo scopo di fare un po' di chiarezza su questo argomento. E' per un compito da consegnare al professore di Gender Studies. Se viene fuori qualcosa di decente lo riporto qui (ne dubito, sono alla mia prima esperienza e ho scarsa fiducia in me stesso).
A risentirci!

Saturday, December 27, 2008

Sorprese amare

A Pechino oramai una pizza la puoi comprare ovunque. E' pieno di posti dove vendono pizza. Ristoranti italiani, ristoranti sudamericani, ristoranti cinesi, catene americane. Vendono pizza. Pizza italiana intendo, o almeno, supposta tale. Pizze grandi e grosse, per lo più spesse, potrete dire che sono più o meno buone, potrete dire che non assomigliano a quelle italiane, ma una cosa è certa, per quasi tutta la popolazione non italiana (a cominciare da cinesi, americani, giapponesi, russi, tailandesi, coreani, messicani etc...) quella è pizza, ed è pizza italiana.
Pechino è una delle città più globalizzate al mondo. A Pechino puoi trovare quello che vuoi. A Pechino puoi sentirti a Roma, Los Angeles, Addis Abeba, Mosca, Toronto, Canberra, Buenos Aires. Basta metter mano al portafoglio, e puoi ritrovarti a mangiare cus cus in un ristorante cubano mentre una ragazza filippina ti fa un massaggio tailandese e un artista indiano cerca di venderti manga giapponesi. E' la globalizzazione. Quasi tutta la gente che conosco ne parla male, ma tutti (compreso me probabilmente) disprezzando comprano.

Ci sono delle cose però che non vorresti vederti vendere a Pechino. Ci sono delle cose tutt'altro che fashion, tutt'altro che "globalizzabili", delle cose che dovrebbere restare a casa loro, non uscire dal paese d'origine, non essere ridotte a prodotto di mercato e vendute come un panino del McDonald's o un caffé di Starbuck o una (falsa) cinta Gucci. O almeno così io credo, ma probabilmente dico una stronzata, una delle tante.
Per farla breve, la sera della vigilia di natale ero con due amici, uno spagnolo, B., e una kirghiza, A., in un bar nelle viuzze del centro, una di quelle viuzze trasformate negli ultimi anni in una cozzaglia di locali e negozi per turisti e stranieri. E sempre più cinesi, a dire la verità. Insomma, al solito bar pieno della solita gente, io prendo una birra, B. un whisky e A. un "hot wine". Che cazzo è l'hot wine purtroppo lo capisco subito dopo: bicchiere di vetro di medie dimensioni con dentro della brodaglia rossa fumante e odore di cannella... cazzo, è vin brulé! Il vin brulé no!! Il vin brulé non lo potete vendere a Pechino!! Il vin brulé lo dovete lasciar stare nelle bettole e nei bar delle zone di montagna in Italia e in quell'altro pugno di paesi europei dove si beve il vin brulé! Perché il vin brulé in Cina!??! Non è giusto! Prendete me! Padre, prendi me ma lascia stare il vin brulé! Non merita di morire così, vi siete presi la pizza, il caffé, prendetevi lo spritz e il panettone Bauli ma lasciateci il vin brulé!
Straziato dalla disperazione assaggio il vin brulé della mia amica... è pure buono cazzo... vino rosso fatto bollire con zucchero, cannella, fiori di garofano e bucce di arancia... ottimo! B. mi fa presente che in Spagna nessuno berrebbe del vino "caldo". A. invece mi spiega che uno dei ragazzi al bancone è francese, probabile che sia lui l'autore del delitto, sia stato lui a portare il "segreto" in questo bar, in questa viuzza, in questa Pechino globalizzata.
Magari il vin brulé a Pechino lo vendono da anni e chissà in quanti altri locali, ristoranti e alberghi di classe lo servono... però, certo, per me è stata un'amarissima sorpresa. "Un vin brulé, per favore..."

Friday, December 26, 2008

Intervista ad una cinese che ha vissuto venti anni in Italia

"Purtroppo nella cultura italiana gli italiani non hanno voglia di lavorare. Io vedo i miei amici dopo otto ore sono già stanchi, vogliono le ferie, non si accontentano dello stipendio troppo basso, ferie pagate, Natale, settimana bianca. Uno questa vita se la deve guadagnare. Io è da cinque anni che non vado in vacanza. Ora devo guadagnare, quando avrò guadagnato abbastanza andrò in ferie... invece di due settimane me ne farò tre. Io vedo il divertimento e le ferie dopo, gli italiani no, tutto e subito. Gli italiani prima cosa le ferie... è una mentalità diversa."

Da Mafia cinese o made in China, di S. Pezzuolo e G. Manfrellotti.

Thursday, December 25, 2008

“打工妹”。。。


Dagongmei is a specific ethics of self, construed at the particular moment when private and transnational capital engulfed contemporary China. As a new social identity, it reveals the story of how a state socialist system is giving way to the capitalist global economy and how capitalist practices depend entirely on a complex web of regulations, on class, rural-urban differences, and sexual relations.

The mobilisation of migrant labour, which in China is termed temporary labour, is one of the most distinctive elements of capitalist development in both developed countries in the nineteenth century and newly developing countries in the 1960s and 1970s.

The contemporary Chinese scene is characterised by a proliferation of sex talk, sexual discourse and consumerised female images. Signs of sex are everywhere, and we seem to be invited to a world in which female bodies are commodified and fetishised to such an extent that only a mass grave of signs remains.

While a workplace full of young women might be an orchard of peaches for men, it is definitely not a world of joy and happiness for women, at least not for the women workers themselves.

The “sex boom” is seen by the central state as a moral attack on Chinese society by the Western wind. The local state, however, is far more tolerant, since it sees the sex industry as closely linked to local economic development. One local cadre in a southern Chinese town openly told me: “No sex, no video shows, no clubs, no hair salons, no restaurants, no hotels, no money!” Sex links the whole chain of economic activities in China. No sex, no money.


Pun Ngai, Engendering Chinese Modernity: The Sexual Politics of Dagongmei in a Dormitory Labour Regime.


foto: volantini pubblicitari di due concerti, nella bacheca del dormitorio per stranieri.

Wednesday, December 24, 2008

Merry Merry Christmas, Happy Happy New Year: vigilia a Pechino d'uno stronzo straniero qualsiasi...

Dicono che il mondo sia bello in quanto vario e io sono fondamentalmente d'accordo. I processi di omologazione sociale e culturale mi sono abbastanza antipatici. Gli ortodossi il natale lo festeggiano il 6 gennaio, quando in Italia i cattolici e non terminano le vacanze. I cattolici italiani fanno vigilia il 24 dicembre, cioè oggi, si (vi) sfondano di robe da mangiare, crisi permettendo. Io ho smesso di interessarmi al natale da quando ho capito che Babbo Natale era un poveretto che si guadagnava il pane vestendosi da cretino e suonando alle case delle famiglie italiane verso la fine di dicembre. Al cosidetto "spirito del natale" ho smesso di credere da quando ho capito che una vergine non può restare incinta e il significato della parola "consumismo", purtroppo molti molti anni fa. Tuttavia da espatriato all'estero manca la mangiata coi familiari e i parenti che vedi due volte l'anno, nonché i bar pieni di giovani la sera nei paesini di campagna (un'altra bieca occasione per sbronzarsi duro, l'ennesima disfatta per i nostri fegati marci). E a Pechino? A Pechino di cattolici ce ne sono pochi, dei miti dei bambinelli riscaldati dalle mucche nelle stalle e del vecchio vestito di rosso che vola con delle renne a regalare doni ai bambini poveri della Terra per fortuna non ce ne sono, una volta c'era Mao che regalava il "libretto rosso" ai bambini, ora non regalano più neanche quello, se vuoi qualcosa te la devi comprare, anche se sei bambino o povero. Tuttavia Pechino è illuminata a giorno durante il periodo natalizio, è una sorta di festività importata, un po' come Halloween (o come minchia si scrive) in Italia. Nella lobby del mio dormitorio c'è un gigante di gomma vestito da Babbo Natale e tre (dico "tre" cazzo, "tre"!!) alberi di natale, più uno in versione bonsai al bancone della portineria. Gli occidentali che passano davanti al babbonatalecinese accennano un sorriso e scuotono la testa, un ragazzo finlandese che viene dal "paese di Babbo Natale" mi ha chiesto cosa fosse quella cosa e io mi sono limitato a dire che c'era anche l'anno scorso. Coreane e giapponesine invece sembrano gradire, per loro basta che si esca a fare shopping ed è sempre festa, a natale soprattutto (e ovviamente). Vacanze? "Manco per il cazzo!" come dicono al paese mio, abbiamo un solo giorno di vacanza il primo gennaio e poi la pausa per la tradizionale Festa di Primavera (metà gennaio - metà febbraio circa). Ma gli stranieri al natale non rinunciano neanche se vivono in Cina, sia almeno un'occasione per incontrarsi e andare insieme a cena, magari poi in qualche locale o a casa a far festa. Di solito non disprezzo. Quest'anno però mi han messo l'esame di statistica (teoria di campioni, ovvero come cavolo "prendere dei campioni" per fare ricerche sociali, indagini di mercato e cose simili) dalle 18.00 alle 21.00 (cioè tra sei ora precise... finisco questo post e mi metto a ripassare, giuro!). Non è meraviglioso? In un'aula grande, fredda, con banchi e sedie rattoppati in un vecchio edificio stile stalinista. Saremo un centinaio di persone, tutti cinesi, a parte me e Arifa, la mia inseparabile compagna di studi bengalese, è femmina, donna, mamma, moglie e sociologa... praticamente le sa tutte! Mi eccita solo l'idea: voi a sfondarvi di dolci della nonna e io con la calcotrice in mano e la testa in vacanza... Paese che vai, usanze che trovi. Ma dopo l'esame andrò anche io a far festa e sbevicchiare con gli amici... mica tanto, domani, mentre sarete a messa per far contenti i nonni o a scartare i regali sotto l'albero io sarò a lezione, l'ultimo del corso di Studi di Genere. Evvai. Martedì l'ultimo esame, per capodanno nessun programma ma il 5 di gennaio prendo il volo per Osaka, Giappone centrale, per un due settimane di "on the road" in solitaria, tra Kyoto e Nara, possibilmente in campagna e possibilmente in autostop, sperando di incontrare gente comune ed umile (non ne posso più di vestiti di marca e cravattari cinesi di Pechino!) e sperando soprattutto di non crepare di freddo. Bene. E detto questo...

"Se introduci un po' di anarchia... se stravolgi l'ordine prestabilito... tutto diventa improvvisamente caos. Io sono un agente del caos. E sai qual è il bello del caos? È equo"
dal film "The Dark Knight".

Auguri a tutte, auguri a tutti, auguri stronz*!!!

Tuesday, December 23, 2008

Once upon a time the Italian Minister for Equal Opportunity...


Sunday, December 21, 2008

Una carissima amica mi ha mandato questa e-mail... Resistenza!!

"Sono in Italia da appena una settima, ma ne ho le palle piene già da quando sono atterrata. Per fortuna però a casa sto bene, basta tenere spenta la televisione. Mio fratello è tornato anche e insieme andiamo avanti. Ma è dura. Vivere in Italia per gente come noi significa dover fare resistenza. Resistenza all'ignoranza e alla mentalità provinciale largamente diffusa. Resistenza al meccanismo compra e sarai felice, resistenza alla pubblicità, alle vecchie borghesi in pelliccia, ai ragazzetti in jeans firmati, ai finti documentari in televisione, a tua madre che ti chiede cosa vuoi essere comprato per natale. Resistenza al Natale appunto. Resistenza al consumismo, a expert, elettronics, ai centri commerciali, all'arretratezza del meridione. Resistenza a Napoli, alla civiltà fai da te, ovvero l'immondizia la butto dove e quando fa comodo a me. Resistenza al Supermercato, al 3 x 2, agli sconti alla cassa, alle ragazzine vestite ultima moda tutte uguali che ti invitano a lasciare -un' offerta per i poveri- (quali poveri, cosa significa povero: chi stabilisce chi è povero e chi no!? non mi hanno saputo rispondere!). Resistenza allo Stato che ti punisce con le multe, al controllore, ai cani che ti annusano le valigie, agli ignoranti in divisa. Alla guardia che ti sorveglia. Resistenzqa alle vendite x telefono. Resistenza al telefono. Resistenza alla convinzione che chi lavora meno è più furbo. Resistenza ai lobotomizzati dal telefonino e dalla televisione. Alle donne truccate e al carrello della spesa. Ai tacchi a spillo e a un'insalata a pranzo. Resistenza agli italiani che pensano che sharm el sheikh è l'Egitto, a quelli che puntano il dito al nero, a chi pensa che al mondo ci siano cinesi, russi e americani e nessun'altro! Basta comprare, basta consumare, basta accumulare. La felicità di mia madre si misura in potere d'acquisto. Una volta mi ha detto, che sognava una famiglia, proprio come la aveva vista in televisione. Una persona istruita e d'animo buono, mia madre interamente inghiottita da quella scatola davanti al divano. Mio padre, su cui per una diversa predisposizione tutto questo non ha attecchito, è tornato alla campagna. Vuole vivere isolato da tutto questo, ha detto. Io lo capisco, ma se a mia madre per caso dicessi che voglio andarci pure io, lei non capirebbe mai. E io le arrecherei solo un dolore. A Napoli c'è gente che vive nei seminterrati, interrati insieme ai topi e alla loro ignoranza. ma a natale si comprano tutti il televisore al plasma (che cazzo è sto plasma!?). A Napoli vige il principio di quello che si impone. E agli incroci tutti passano per paura di perderlo. Automobilisti e pedoni. A Napoli è dove l'incidente globale è più palese. Dove il miglioramento della condizione economica non è coinciso con quello culturale, inteso come capacità di giudizio e misura del valore delle cose e del mondo in termini altri che il denaro. Questo mondo di oggi che a me pare proprio uno schifo. Nessuno sa nulla dell'altro ma tutti assumiamo di sapere. La gente investe il tempo a comprare, perchè adesso può e prima non poteva. Ci auto proclamiamo il mondo progredito, ma quando mai?!?!? Non credo sia solo il caso dell'Italia. Il consumismo e gli iper-supermercati sono una realtà. E' solo che a me non me ne frega proprio niente di comprare, delle minchiate della televisione, della mia vicina di casa che ha preso il posto di lavoro alla tim. Del 3x2 al supermercato, delle offerte per posta... di dovermi vestire bene, di dover trovare un posto di lavoro. L'Italia è vecchia. Napoli è decaduta."

Grazie, amica mia. Resistenza!!

Friday, December 19, 2008

Spring Holidays !! Vakanza vakanza (!?!?) !!

关于2009年元旦、寒假(含春节)放假的通知
各学院(系),机关各部、处及直(附)属单位:
根据国务院办公厅和北京市人民政府办公厅关于元旦、春节等节日放假安排精神,结合我校整体工作部署和教学工作安排,现将我校2009年元旦、寒假(含春节)放假安排通知如下:
一、元旦
由于我校将于1月3日、4日安排“全国中学生冬令营”笔试及本科生、研究生期末考试等多项重要考试,为确保上述考试活动顺利进行,定于1月1日、3日、4日放假,共3天。其中1月1日为法定假日,1月3日(星期六)、4日(星期日)为公休日。1月2日(星期五)正常上班。附中、附小自行安排。
二、寒假(含春节)
(一)根据校历规定和学校教学实际安排,2008-2009学年第一学期于2009年1月16日结束,1月19日至2月13日放寒假。第二学期于2月16日开始上课。附中、附小的放假安排按北京市有关规定自行决定。
(二)各单位应认真安排好假期值班工作,明确带班领导。特别是春节期间,至少应有一位单位负责人在京,保证联络畅通。请各单位于1月6日(星期二)前将本单位寒假值班表报学校办公室综合联络科(明德主楼1314室)。
(三)假期值班办公时间为上午8:30-11:30,下午2:00- 5:00。
(四)寒假值班人员必须严格遵守值班规定,不得擅离职守。若因值班人员未能尽职而发生问题,将严肃追究当事人和有关领导的责任。
(五)各单位负责人在放假前,要对本单位师生员工加强遵纪守法和安全教育,并组织对本单位学生宿舍的防火、防盗等安全情况进行检查。留校人员要加强安全保卫工作,注意防火防盗。
(六)学校机关各部处、各学院领导和办公室应至少上班至1月20日,并提前于2月11日上班。各有关单位应认真做好新学期各项准备工作,保证顺利开学。

Thursday, December 18, 2008

"Il primo amore non si dimentica mai". Ma quanti hanno avuto il secondo? 初恋永远是最难忘的吗?请问,你谈恋过爱几次?

In Italia si dice "Il primo amore non si dimentica mai", sta ad indicare che indipendentemente da quanti amanti, amori, partner, sveltine, matrimoni avrai, il primo sarà quello di cui porterai sempre il ricordo dietro, il più difficile da scordare. Magari molti penseranno che è una cavolata. Magari altri no.
Il punto è che una frase del genere non credo sia traducibile in altre lingue e culture, se non solo con una traduzione letterale: molti paesi del mondo infatti il primo amore è logicamente anche l'ultimo, specie per le donne. Se prendiamo indù e cinesi per esempio (un terzo della popolazione mondiale), per i giovani vale ancora l'abitudine di sposarsi con la prima donna, ovvero "con il primo (e unico) amore". "Amore"... spesso sono ancora i genitori a decidere il partner, per un muso bianco occidentale come me resta difficile pensare all'amore in questi casi. Ma a maggior ragione nella lingua mandarina o hindi la frase "Il primo amore non si dimentica mai" non ha davvero alcun senso...
In realtà in cinese c'è una frase con lo stesso significato, cioè 初恋永远是最难忘的, ma da quanto mi han detto non è un proverbio o un antico detto, ma solo un modo di dire tra i giovani; dubito quindi che abbia niente a che fare con la cultura e la tradizione cinese. Privo di storia insomma. E magari lo stesso vale nella lingua italiana.
In Italia c'è anche chi dice che "si può amare una sola volta". Il resto è conformismo, istituzione, comodo, morte del romanticismo.

“初恋永远是最难忘的”是个成语或者俗语吗?应该不是。应该是从外语翻译的新中国句话。
因为我也疑问,中国人不是觉得第一个爱情也应该是最后一个,换句再说,大多数的中国人还觉得最好是你第一个男/女朋友也是你的爱人,成为你的老公/老婆。。。因此我觉得“初恋永远是最难忘的”在中国文化和社会中并没意思。。。不是吗?!

Mi chiedevo...: Genere & Moda

Ho scritto una e-mail a due amiche che lavorano nella moda, volevo condividerla anche qui:

"nel campo della moda esistono capi di abbigliamento SPECIFICATAMENTE per gay e transessuali? so che esistono linee uomo e linee donna, ma oramai tutti sanno che i generi non sono soltanto due, e visto che la moda e' sempre all'avanguardia, eccentrica e rivoluzionaria, mi chiedevo se gia' le grandi firme dell'abbigliamento avessero creato vestiti APPOSITAMENTE per "il terzo genere"... nel caso non fosse stato ancora fatto mi sembra interessante come idea: per quella che chiamiamo "costruzione sociale" gli uomini devono vestire in un certo modo (e fare determinate cose), le donne in un altro (idem). i trans e i gay? si devono adattare al duopolio uomo/donna?"

Wednesday, December 17, 2008


A volte vincono anche gli ultimi, per gli aborigeni australiani hip hip hurrà: "Australia court blocks Xstrata mine expansion".

Tuesday, December 16, 2008

Da "Il fuggiasco di Xiamen", di Oliver August...

"Ho cominciato ad occuparmi di Cina per caso, dopo una telefonata del luglio 1998. Allora ero un reporter di ventisette anni che lavorava a New York per un quotidiano britannico. Non ero mai stato in Asia e non credo di aver mai pensato di andarci. 'Cerchiamo un nuovo corrispondente da Pechino' mi ha detto il caporedattore del 'Times', al telefono dall'altra parte dell'Atlantico."


"Mangiare, mi ha spiegato, lo rendeva più felice di qualsiasi altra attività umana. Per lui era come il sesso, mi ha detto, ribadendo così la convinzione diffusa fra i cinesi che in Occidente fare l'amore sia un passatempo nazionale"

"La priorità che il confucianesimo attribuiva alla famiglia era ancora sentita, anzi, era più viva che mai; a parte pochi dettagli, tra cui, stando a Kim, il divieto di avere rapporti sessuali per tre anni dopo la morte di un genitore. 'Sarebbe davvero un po' lungo' era stato il suo commento"

"Nelle parti più povere della città, dove andava a vivere chi era appena arrivato dalle campagne, avevo visto carne di cane nei menù dei ristoranti. Niente esprimeva meglio la trasformazione incompiuta della città e dei suoi abitanti: chi faceva la toilette ai cani e chi li mangiava"

Monday, December 15, 2008

Do It Yourself: 武汉的“我们家”






















Thursday, December 11, 2008

Scarafaggi pizzicati a fornicare nel mio cassetto 我屋子里在做爱的两只甲虫 Mr and Miss Beetle having fun in my desk's drawer







Tuesday, December 09, 2008

Greece, December 2008... once again the state murders: Alexandros Grigoropoulos, 15 years old boy.


Monday, December 08, 2008

Cinesi d'Italia 意大利的华人

"Noi cinesi siamo fatti così: abbiamo il business nel cuore e un fortissimo senso del dovere ... In Italia la gioventù è rovinata dai reality televisivi che portano i ragazzi a perdere tempo ... In Cina i reality insegnano a far affari: il primo premio è una cena con un grande imprenditore ... Voi parlate dei nostri politici come di mummie comuniste, ma non vi rendete conto che la prima volta che Berlusconi è sceso in politica a Pechino aveva appena smesso di regnare Deng Xiaoping. Da noi nel frattempo è cambiato tutto, qui è tornato Berlusconi"
Intervista al 25enne imprenditore cinese Steven Luo, da "I cinesi non muoiono mai" di Oriani e Staglianò.

"Come mi immagino la mia vita fra cinque anni? Una tristezza. Dopo dodici anni che abito qui non ho ancora neppure la certezza del permesso di soggiorno. I giovani italiani si lamentano della precarietà, pensate a noi che incrociamo le dita ogni anno sperando che non ci rispediscano indietro. Il mio trucco è non pensare proprio al futuro. Meglio così che farlo e deludersi"
Intervista ad una giovane cinese che vive in Italia, da "I cinesi non muoiono mai" di Oriani e Staglianò.

"La differenze principali con voi italiani? Beh, se avete mille euro in tasca li spendete tutti. Noi al massimo cinquecento, e il resto lo mettiamo da parte per affrontare il futuro. Siete tutti concentrati sul presente, su voi stessi; noi no"
Intervista ad un giovane portavoce cinese del tempio buddhista di Roma, da "I cinesi non muoiono mai" di Oriani e Staglianò.

Sunday, December 07, 2008

Party at Flavia's place!!






















Party at Aida's place!!





















Saturday, December 06, 2008

Fuori dieci sotto zero e i miei jeans congelati...




Friday, December 05, 2008

Dal Mali una ricetta per sconfiggere la fame

Tuesday, December 02, 2008

Non potrei non segnalarlo...

Uno spot cinese (riportato da Repubblica) contro discriminazione ed AIDS, in tema di lavoratori migranti, sesso a pagamento, uso del profilattico.